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Sara Barbieri, la ballerina del Machbeth positiva al covid: “Sono arrabbiata con chi non protegge se stesso e gli altri, pago un prezzo troppo alto”

Lei si definisce “adottata da Milano, ma con il sangue (rosso) di Romagna”. L’artista riminese, che non fa parte del corpo di ballo scaligero, è stata chiamata sul palco di Macbeth da Daniel Ezralow. "Lunedì il mio tampone prima dello spettacolo è risultato positivo, confermato dal molecolare di ieri. Ho usato tutte le precauzioni possibili e anche di più”, ha scritto su Twitter

di Simona Griggio

“Ho rinunciato a tutto il resto per il sogno di riappropriarmi del mio lavoro e ora mi trovo con un pugno di mosche in mano”. Lo sfogo di Sara Barbieri è amaro. Lei, ballerina impegnata in questo periodo alla Scala nelle recite del Macbeth di Giuseppe Verdi, si è scoperta positiva al Covid dopo i tamponi di controllo. I test obbligatori per tutti, artisti, orchestrali e dipendenti dopo che i casi di covid si sono impennati, determinando anche il rinvio della prima dell’altro grande appuntamento atteso dal pubblico, l’apertura della stagione del balletto con La Bayadère.

Sara affida la sua tristezza a Twitter. A chi le chiede se va tutto bene risponde di no. Spiega: “No, non va tutto bene. Lunedì il mio tampone prima dello spettacolo è risultato positivo, confermato dal molecolare di ieri. Ho usato tutte le precauzioni possibili e anche di più”. Anche aver già ricevuto la terza dose del vaccino. Niente da fare: “Non abbassate la guardia, questo virus è bastardo”. E poi il simbolino dell’indice rivolto all’ingiù, segno di scoramento e di delusione.

Ce l’ha con i no vax. Con chi non si è vaccinato e protetto. Scrive ancora: “Sono arrabbiata. Ho la sensazione che sto pagando un prezzo molto alto (in tutti i sensi) per colpa di chi ha scelto di non proteggere se stesso e gli altri e questo non mi fa dormire!”. E’ un’accusa che divide. C’è chi la incoraggia e chi le dà ragione.

Chi è Sara Barbieri? Lei si definisce “adottata da Milano, ma con il sangue (rosso) di Romagna”. L’artista riminese, che non fa parte del corpo di ballo scaligero, è stata chiamata sul palco di Macbeth da Daniel Ezralow. Il coreografo è il suo mentore, al quale rivolge parole di ringraziamento: “La sua è una danza molto fisica, atletica ed estetica, mi ha stupito il suo metodo creativo, molto visionario. È partito da sue immagini mentali per incentrare ogni ballabile su uno dei tre personaggi di Macbeth”. Non è una debuttante: è alla sua terza prima della Scala e anche lei chiude la trilogia verdiana giovanile dopo “Giovanna D’Arco” (2015) e “Attila” (2018). Per la prima volta, invece, danza pezzi di Ezralow.

Sulla scelta di chiamare in scena alla Scala anche ballerini e mimi esterni era scoppiata a fine novembre un’altra polemica. I sindacati del Piermarini avevano proclamato lo stato d’agitazione per solidarietà al corpo di ballo del teatro: una decisione inspiegabile, avevano attaccato, quella di ricorrere a personale esterno per la “pantomima” del terzo atto del capolavoro verdiano, escludendo il Corpo di Ballo con un notevole aggravio di costi per il teatro.

Nemmeno questa è una novità per il Macbeth e le danze del terzo atto. Scorrendo all’indietro le cronache, si scopre che destò scalpore la decisione di cancellarle nell’apertura della stagione della Scala nel 1975. Ma all’epoca la disputa non fu sindacale. Fu una decisione autonoma di Giorgio Strehler che firmava la regia dello spettacolo. Intanto il corpo di ballo, solisti e primi ballerini della Scala si apprestano, dopo la gestione di tutti i casi di positività e quarantene cautelative, a inaugurare la stagione del ballo il 21 dicembre con uno slittamento di pochi giorni della prima prevista. Solo le due rappresentazioni del 15 e 17 dicembre sono state posticipate al 12 e 13 gennaio. E l’anteprima under 30 posticipata al 20 dicembre alle 14.30. Restano invece invariate le altre recite.

La Bayadère, su musica di Ludwig Minkus, va in scena per la prima volta a San Pietroburgo nel 1877 nella coreografia di Marius Petipa. Rudolf Nureyev la riprende nel 1992 per l’Opéra di Parigi. La sua versione coreografica è una vera e propria sfida tecnica e artistica per tutti, non solo per i primi ruoli ma per tutto il corpo di ballo. Per la prima volta il titolo, che avrà scene e costumi nuovi di zecca firmati da Luisa Spinatelli, si rappresenta nella versione di Nureyev al Piermarini. La Fondazione Nureyev ha infatti concesso soltanto alla compagnia scaligera di riprenderlo.

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