Cinema

Il Milanese imbruttito, ‘Mollo tutto e apro un chiringuito’: la commedia di Natale che fa (davvero) ridere. Trailer e recensione

Non sarà forse l’intenzione base del progetto cinematografico, o magari sì, ma Mollo tutto e apro un chiringuito oltre a proporre una comicità franca, leggera ma mai demente, efficace e mai pedante, perfino sofisticata (“ma dove siamo in una scena di Gomorra?”), è un film comico che sa affrontare con devastante ironia la scala di valori sociali e il classismo economico finanziario dell’evo contemporaneo

di Davide Turrini

Taaaaac! The Imbruttito is back. Mollo tutto e apro un chiringuito – dall’8 dicembre nelle sale italiane – è la commedia, che fa ridere, di questo Natale, almeno settentrionale, con annesso Regno di Sardegna. Il salto del “fatturare” de Il Milanese imbruttito, il tizio che mescola le basi del fu cumenda Guido Nicheli, il tormentone de Il Ragazzo di campagna e il linguaggio inglesizzato del business con l’aperitivo della “city” meneghina di oggi, giunge dai social dove ha oltre due milioni e mezzo di follower finendo su grande schermo dove i numeri sono inevitabilmente più contenuti (Eternals che svetta nel box office 2021 con “solo” 1 milione e 140 mila spettatori). A fare da tutori produttivi e distributivi c’è Medusa che si scomoda di solito per commedie di grande incasso come quelle di Zalone, Ficarra&Picone, Maccio Capatonda. Il signor Imbruttito (Germano Lanzoni, one man show per tutto il film), sorta di travet capetto iperattivo della multinazionale con open space vista Milano dal grattacielo, uno che usa “lo stress come carburante”, legge il Sole24ore mentre si lava i denti, organizza meeting mentre si veste, conteggia le “k” (le migliaia di euro) perse mentre dorme, ha un improvviso mancamento dovuto ad un business finito male col cliente miliardario dal cuore e dal portafoglio ecologico (Paolo Calabresi). È ora di rivedere la propria esistenza. Capire qual è il vero senso della vita. Ma tranquilli, il lupo perde il pelo ma non il vizio. Nonostante le sequenze di contrasto con l’Imbruttito a dar da mangiare ai piccioni in piazza Duomo, Settimana enigmistica sul divano, bicchierozzo di bianchetto annacquato al centro anziani, il nostro protagonista fiuta l’affare proposto da il Brera (Alessandro Betti), squaletto apparentemente più in alto di lui nella gerarchia del business: un chiringuito dismesso in riva al mare a Garroneddu, un paesino sperduto della Sardegna ovviamente con un mare da urlo. Il signor Imbruttito parte col fido Giargiana (Valerio Airò Rochelmeyer), ma la situazione a Garroneddu è davvero da pecore, pastori e diffidenza mista a doppiette. L’Imbruttito, uno che regala una partita iva al figlio per il compleanno, che coordina l’agenda con la moglie prima di andare a letto, non è comunque uno che si scoraggia facilmente, ma dovrà mettere da parte il suo spietato narcisismo individualista, “valorizzando” specialità del luogo e abitanti senza lucrarci sopra, e ottenendo proprio quella fiducia umana anestetizzata in anni e anni di imbruttimento milanese. Non sarà forse l’intenzione base del progetto cinematografico, o magari sì, ma Mollo tutto e apro un chiringuito oltre a proporre una comicità franca, leggera ma mai demente, efficace e mai pedante, perfino sofisticata (“ma dove siamo in una scena di Gomorra?”), è un film comico che sa affrontare con devastante ironia la scala di valori sociali e il classismo economico finanziario dell’evo contemporaneo. Il signor Imbruttito al cinema, dopo tanti video sul web, acquisisce sostanza e corpo politico, si trasforma per intero in una maschera pedina intermedia di una laboriosità settentrionale, lombardo milanese, tutta sballata, sempre alla ricerca di qualcuno o qualcosa da sottomettere (la differenziazione da chi viene dall’estrema periferia di Milano per lavorare è devastante e sublime) e magari annientare (qui la purezza di una popolazione e di un luogo incontaminato). Il mezzo della risata, che scorre rapida, asciugata di continuo nel ritmo del montaggio, espone con naturalezza l’orrore amaro di un sistema da esorcizzare ma che ha travolto oramai l’universo pianeta industriale commerciale e piallato il senso di collettività degli individui. State tranquilli, però, si ride assai, si ride sempre, si sfotte proprio quando l’idea dell’Imbruttito per il rilancio comunitario di Garroneddu è il Fuori Pastore (invece del Fuori Salone): creare mattoni en plein air, fare panini, mettersi alghe curative sul corpo, suonare live la Pastorale di Beethoven mentre si mungono le pecore, diventano “eventi” radical chic e per persone col grano che così si danno anche un tono. È lì che l’Imbruttito per un attimo, con quell’urlo “Paolo Fresu hai rotto il cazzo”, si fa perfino irriverente personaggio zaloniano o da rivolta fantozziana modello Corazzata Kotiomkin. Cast milanese calibratissimo senza una sbavatura che sia una; quello sardo a un passo ma mai nel gorgo della macchietta regionalistica. Dirigono Pietro Belfiore, Davide Bonacina, Andrea Fadenti, Andrea Mazzarella, Davide Rossi.

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