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Reddito di cittadinanza per stare sul divano? I dati di Anpal dicono il contrario

Reddito di cittadinanza per stare sul divano? I dati di Anpal dicono il contrario
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Due dati sul Reddito di Cittadinanza da stamparsi bene in testa. Li ha riportati il 23 novembre Anpal, durante un’audizione in Commissione Lavoro:

1) 540mila: i percettori occupabili che hanno trovato un lavoro mentre percepivano l’aiuto;

2) 32%: la percentuale dei beneficiari occupabili che hanno trovato un’occupazione dopo avere sottoscritto il “Patto per il lavoro”.

Considerato che i percettori che effettivamente possono lavorare sono solo una fetta sul totale (a ottobre erano circa 1,11 milioni) e che per le loro caratteristiche rappresentano una categoria “particolarmente fragile”, questi numeri appaiono doppiamente straordinari. Non dimentichiamo, infatti, che su scala nazionale il 72% di chi è tenuto a “dare disponibilità al lavoro” ha frequentato solo le scuole medie (già, la scuola secondaria di primo grado!).

Che la misura abbia svolto una funzione di “riattivatore sociale” è indubbio e lo si comprende tenendo in considerazione anche che quel 29% di beneficiari occupabili ha trovato un impiego anche prima della sottoscrizione del “Patto”.

È comunque evidente che chi ha sottoscritto il “Patto per il Lavoro” ha trovato lavoro più facilmente rispetto a chi non è passato dai centri per l’impiego. Su questo, Anpal ha sottolineato che la probabilità di trovare un impiego è aumentata addirittura del 10%. Credo che questo dato ci costringa a prendere atto, ancora una volta, dell’efficacia dei navigator, la cui rilevanza è stata peraltro messa in luce anche dal Cnel all’interno dell’ultima relazione sulla legge di bilancio.

Dai numeri emerge comunque, ancora una volta, la grande dignità di coloro i quali fruiscono della misura e che nonostante il forte svantaggio dimostrano di pensare a tutto tranne che a starsene sul divano:

1) I percettori occupabili che nel passato hanno avuto un lavoro, anche se precario o di bassa qualifica, arrivano all’85%: solo il 15%, infatti, non ha mai avuto un’occupazione; e a fronte di quanto già detto è facile immaginare che nella stragrande maggioranza dei casi incidano, ancora una volta, la scarsa scolarizzazione e la presenza di condizioni sociali ed economiche complesse;

2) I 540mila contratti di lavoro sottoscritti da percettori occupabili che avevano già iniziato a ricevere l’integrazione al reddito salgono a 720mila se si considerano coloro i quali sono entrati nella misura lavorando: in altre parole, se si calcolano anche i “lavoratori poveri” (working poor), stimati attorno al 17%;

3) Circa un terzo dei percettori occupabili ha perso il lavoro nei tre anni precedenti: per loro il Reddito di Cittadinanza è stato un vero e proprio “salvagente”;

4) Il 15% dei percettori si era già rivolto ai centri per l’impiego prima di prendere il Reddito di Cittadinanza: in altre parole aveva già ufficializzato la propria disponibilità al lavoro.

A conti fatti, numeri e dati restano l’arma migliore per combattere chi semina odio e disprezzo. E alla lunga saranno loro a smascherare chi si è mosso per trovare una soluzione a un problema complesso e chi, al contrario, lo ha fatto soltanto per ottenere consenso.

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