Ricapitolo in breve quanto visto negli scorsi post. Il problema ambientale è prima di tutto di tipo tecnologico, nel senso che gli strumenti che l’uomo ha a disposizione per vivere non riescono a garantire un utilizzo sostenibile delle risorse naturali. Alla luce di questo, abbiamo evidenziato come la teoria economica neoclassica abbia completamente fallito nel valutare gli effetti del cambiamento climatico sulle attività produttive, contribuendo in maniera fondamentale a sottovalutare il problema e creare gli effetti devastanti che tutti osserviamo. Si pone poi la questione energetica: pur non essendo ancora pronti per una transizione completa verso le fonti rinnovabili, stiamo facendo dei discreti passi avanti. Bisogna tuttavia ricordarsi che ancora nel mondo una persona su nove non ha accesso all’elettricità. Il problema principale sarà tenere il passo della crescente digitalizzazione di attività produttive e servizi, sempre più concentrate sullo sviluppo di intelligenze artificiali, che rischiano di consumare molta più energia di quanta se ne riesca a ottenere da fonti pulite.

Avendo sottolineato le difficoltà e i pericoli che ci attendono, non è ancora il caso di disperarsi ma di pensare in maniera propositiva. Che fare, dunque? Per quanto ci riguarda, le proposte che avanziamo non sono indirizzate direttamente alla politica, che non perde occasione per sviare il problema (emblematiche sono le blande proposte sbandierate di recente nel corso di G20 e COP26). Piuttosto, quanto scriviamo è volto ad indicare una direzione per tutti i giovani, attivisti, studenti e lavoratori che si interessano e vogliono contribuire alla salvaguardia del pianeta. Il nostro obiettivo è creare una consapevolezza popolare tanto radicata da trovare naturalmente un risvolto politico, a prescindere dal contesto istituzionale in cui ci si trovi. Un popolo saggio prende decisioni sagge.

Ci sembra opportuno, in primo luogo, rimarcare l’importanza della questione energetica: la crescente digitalizzazione richiede un utilizzo sempre maggiore di energia, e sarà quindi cruciale riuscire ad alimentare le nostre case, i mezzi di trasporto e i dispositivi elettronici senza aumentare le emissioni di gas serra. La ricerca tecnologica deve focalizzarsi sullo sviluppo di fonti rinnovabili, carbon free e sicure per l’uomo. In particolare, i recenti successi nel campo della fusione nucleare (che, a differenza della più nota fissione, base di tutte le centrali nucleari esistenti, non produce scorie radioattive) lasciano ben sperare, seppur non nel breve termine. Riguardo al problema della disuguaglianza, è necessario che i paesi occidentali pianifichino e gestiscano nel modo più efficiente possibile il proprio consumo energetico per poter assicurare risorse agli oltre 800 milioni di persone che ancora vivono senza elettricità.

Nonostante la questione delle emissioni zero sia già assodata come priorità numero uno nel dibattito internazionale, c’è un problema almeno altrettanto importante sconosciuto ai più. Parafrasando il neurobiologo Stefano Mancuso, possiamo vedere l’atmosfera terrestre come una vasca da bagno, e l’anidride carbonica come l’acqua che la riempie. Finora ci stiamo concentrando solo sul ridurre le emissioni, e quindi sul chiudere il rubinetto, ma la vasca resta comunque piena finché non si apre il tappo! Bisogna quindi iniziare ad eliminare i gas serra dall’atmosfera, oltre a non immetterne di nuovi. Fortunatamente disponiamo già di una tecnologia in grado di svolgere questo ruolo: le piante. Tramite la fotosintesi, alberi ed arbusti catturano l’anidride carbonica dall’atmosfera e restituiscono ossigeno. La soluzione è immediata: dobbiamo interrompere la deforestazione e concentrarci sul piantare più alberi possibile.

Secondo uno studio dello stesso Mancuso, ne servirebbero mille miliardi nei prossimi vent’anni per scongiurare la catastrofe ambientale ed osservare dei miglioramenti. Considerando che la spesa totale annua si aggirerebbe intorno allo 0,05% del Pil mondiale, l’obiettivo sembra alla nostra portata, e sarebbe quindi il caso di iniziare a fare degli sforzi più decisi in questa direzione. Anche se progetti di questo genere sono sempre più numerosi, la sensazione è che sia necessario coordinarsi ed agire su scala globale piuttosto che limitarsi ad iniziative locali.

Come evidenziato negli scorsi post, l’atmosfera non è l’unica a rischio: anche l’acqua e la terra sono fortemente inquinate dall’attività umana. In particolare, sembra sempre più evidente la connessione tra l’utilizzo di antibiotici in agricoltura e la formazione di virus resistenti, che entrando nel ciclo dell’acqua rischiano di causare danni permanenti alla nostra salute. Oltre 2 milioni di persone muoiono ogni anno per malattie legate all’inquinamento dell’acqua. Se la situazione dovesse degenerare, il Covid sarebbe solo la prima di una lunga serie di malattie infettive. Un altro effetto dell’allevamento intensivo è quello di ridurre la biodiversità (intesa come il numero di specie viventi che popolano un territorio), favorendo l’impoverimento dell’ambiente circostante e quindi diminuendo la resistenza a fenomeni estremi come frane, inondazioni e siccità. Il messaggio è chiaro: bisogna ridurre al più presto l’utilizzo di antibiotici e pesticidi in agricoltura e favorire la ripresa di specie autoctone. L’industria enologica è tra i settori più all’avanguardia in questo senso.

In conclusione, non possiamo tralasciare l’aspetto economico. È evidente come la catastrofica situazione attuale sia stata favorita da un sistema che si preoccupa unicamente di produrre e consumare più beni possibili, senza considerare il benessere complessivo della popolazione e dell’ambiente. Niente di buono potrà accadere finché ragioneremo in questo modo. Il compito fondamentale che svolgiamo come Rethinking Economics è quello di studiare e sperimentare approcci alternativi alla teoria economica che mettano al primo posto il benessere della società nel suo complesso, andando oltre la ricchezza monetaria. Crediamo che i problemi che affliggono la società moderna siano figli di un sistema economico completamente degenerato, ed è costante il nostro impegno nel cercare di migliorarlo per assicurare al nostro pianeta un futuro sostenibile e giusto.

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