C’è qualcosa che mi rende perplesso. Confrontando i dati del conto economico di Monte Paschi di Siena al 30 settembre 2021 con i risultati dello stesso prospetto al 30 giugno dello stesso anno, salta subito all’occhio che la banca ha realizzato in questo trimestre nuova redditività di circa 186 milioni di euro per un totale di utile netto di 388,1 milioni di euro!

È curioso tuttavia notare come nel piano industriale della banca, pubblicato a fine dicembre 2020, era stata prevista per il 2021 una perdita di 562 milioni di euro. A prescindere dal peso delle varie voci che influenzano i ricavi del bilancio di una banca e delle sue strategie commerciali (di cui ho parlato la settimana scorsa), un fatto è oggettivo: o il budget è stato cannato per eccesso di pessimismo e dovrà essere aggiornato o il trimestre in corso, l’ultimo in pratica, presenterà una perdita per quasi 950 milioni (!!!). E’ un semplice calcolo algebrico.

E’ vero che nella prima parte dell’anno la vita dei bilanci bancari è solitamente più “facile”. Nel primo semestre dell’anno si concentrano mediamente la metà dei profitti di tutto l’anno, mentre nei due trimestri finali dell’anno si tende a fare le pulizie tombali e quindi ad appesantire più i conti con gli accantonamenti e le previsioni di perdita. Soprattutto quelli riguardanti i crediti deteriorati. Ma sembra che nel terzo trimestre queste attività di pulizie siano state fatte, come si dice nel gergo, per la visita della suocera: superficiali e di facciata.

Basta soffermarsi sui 15 (!!) miliardi di “crediti stage 2” (crediti in bonis, apparentemente sani, che mostrano segni di deterioramento) cui è stata attribuita solo una copertura del 3,2%. Nel frattempo però sono scadute le moratorie sui mutui e il congelamento del pagamento di tasse e cartelle esattoriali è terminato. Una tragedia, l’ho già sottolineato, di cui i media parlano poco: stiamo parlando di dati drammatici che fotografano la povertà assoluta in Italia: nell’ultimo anno risulta cresciuta di un milione di persone, un numero ben superiore a quello registrato dopo la crisi economica del 2008.

Banca Ifis ha stimato, sulla base dei bilanci provvisori degli istituti di credito, che l’ammontare complessivo dei Npl nel 2020 avrebbe raggiunto quota 338 miliardi di euro (+5 per cento sul 2019). Nel 2021 le esposizioni deteriorate potrebbero salire fino a 385 miliardi, con un incremento ulteriore nel 2022.

Qualche indizio, per la verità, nel bilancio di Mps lo abbiamo: al 30 settembre le esposizioni deteriorate lorde sono pari a 4,3 miliardi di euro, in lieve incremento rispetto al dato del 31 dicembre 2020 (pari a 4 miliardi di euro) e rispetto al 30 giugno 2021 (pari a 4,2 miliardi di euro). L’esposizione netta in termini di crediti deteriorati del gruppo si è attestata 2,3 miliardi di euro, in leggera crescita sia rispetto al 31 dicembre 2020 sia rispetto al 30 giugno 2021. Di conseguenza, a fine settembre 2021 rapporto tra crediti deteriorati netti e crediti clientela netti risultava pari al 2,8%, in leggero aumento rispetto a dicembre 2020 (pari a 2,6%). Alla stessa data, la percentuale di copertura dei crediti deteriorati (4,3 miliardi di euro) si è attestata al 46,5%, in lieve calo rispetto a giugno 2021 (pari a 46,9%).

Ma non è che forse a Mps, nel momento in cui si stavano decidendo i suoi destini coniugali con Unicredit, abbia fatto gioco presentarsi con bilanci in utile e migliori di quanto previsto? Ne vogliamo riparlare tra qualche mese quando, metabolizzato il divorzio dalla banca di piazza Gae Aulenti, sarà presentato il bilancio di chiusura dell’esercizio? Secondo la mia modesta opinione sarà molto diverso da quello attuale.

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