Partirà solo la settimana prossima, il 16 novembre, la sessione di bilancio al Senato. L’annuncio è arrivato giovedì dal presidente di turno, Roberto Calderoli. In serata il ddl è stato firmato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e inviato a Palazzo Madama, che però inizierà l’esame martedì, con un ritardo di quattro settimane rispetto alla data del 20 ottobre prevista dalle norme europee per l’approdo della manovra in Parlamento. Il testo approvato in consiglio dei ministri due settimane fa (28 ottobre) è stato in seguito modificato e sono stati aggiunti ben 34 articoli. Nonostante questo il premier Mario Draghi ha deciso di non riportarlo in cdm, dove ogni partito della larghissima maggioranza avrebbe chiesto grandi e piccoli ritocchi sulle misure “bandiera” (o invise), dal reddito di cittadinanza al Superbonus. Sempre per martedì il presidente del Consiglio ha convocato i leader di Cgil, Cisl e Uil per fare un punto sulla riforma delle pensioni, dopo che l’ultimo confronto era finito male con i sindacati pronti alla mobilitazione. Intanto a battere un colpo sono le Regioni, che propongono al governo un accordo in sette punti tra cui “crescita progressiva del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale per un totale di 12 miliardi nel triennio, aumento del fondo per il trasporto pubblico locale, del diritto allo studio degli alunni con disabilità e per le non autosufficienze“.

Tra le novità inserite nelle ultime due settimane nelle bozze c’è una “spinta” all’attuazione del Pnrr con maggiori fondi subito a disposizione per attuare i progetti: sale il Fondo rotativo per l’attuazione del Next Generation Eu-Italia, che anticipa i contributi che via via arriveranno dalla Ue alle verifiche dell’andamento del piano. La dotazione del fondo, istituito dalla scorsa legge di bilancio, sale di circa 10 miliardi nel 2022 (50,307 miliardi rispetto ai 40,307 miliardi inizialmente previsti). Le risorse subito disponibili aumentano anche nel 2023 dai 44,573 miliardi già previsti a 53,623 miliardi.

Arrivano poi dei ritocchi per quanto riguarda il rifinanziamento della cosiddetta Nuova Sabatini, un incentivo per le imprese ad acquistare “beni strumentali”, cioè macchinari o software e tecnologie digitali. Arrivano 900 milioni di euro fino al 2026 ma, rispetto alla prima bozza di manovra, vengono rimodulati gli stanziamenti annuali e ridotta la possibilità per le imprese di ottenere gli aiuti in un’unica soluzione. Solo i finanziamenti fino a 200mila di euro saranno rimborsati in una volta, mentre per gli altri l’erogazione avverrà in diverse tranche e “nei limiti delle risorse disponibili”.

Per quanto riguarda gli investimenti immobiliari privati, gli incentivi al 50% e al 65% per le ristrutturazioni e le relative maggiorazioni sono prorogati fino al 2024 alle medesime aliquote. Gli incentivi al 110% sono estesi al 2023 per i condomini e gli Iacp, con riduzione al 70% nel 2024 ed al 65% nel 2025. Per le altre abitazioni, l’incentivo al 110% è esteso per il secondo semestre del 2022 per le abitazioni principali di persone fisiche con la previsione di un tetto Isee a 25.000 euro contro il quale si è espresso il Movimento 5 Stelle. Gli incentivi per le facciate sono confermati anche nel 2023 con una percentuale agevolata pari al 60%. La cessione dei crediti d’imposta con scontro in fattura da parte dei proprietari immobiliari che hanno effettuato lavori di ristrutturazione edilizia, e utilizzato i diversi bonus, viene prorogata fino al 2024. Nel frattempo il governo ha però varato un decreto con l’obiettivo di contrastare le frodi nella fruizione degli incentivi.

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Legge di Bilancio, aggiunti 34 articoli rispetto alla versione approvata dai ministri. Ma per Draghi non serve nuovo passaggio in cdm

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