Due gruppi di persone hanno sfondato la resistenza polacca al confine e hanno messo piede in Europa, una cinquantina di questi sono stati arrestati dalle forze di frontiera di Varsavia, mentre Angela Merkel chiama Vladimir Putin chiedendogli di mettere fine al ricatto del governo di Aleksandr Lukashenko, l’Unione europea raggiunge un accordo per nuove sanzioni alla Bielorussia e il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, riapre la partita (che sembrava ormai chiusa) del finanziamento europeo alla costruzione di muri ai confini esterni. È ormai una guerra a tutti gli effetti quella scoppiata al confine tra Polonia e Bielorussia, dietro alla quale sembra nascondersi la mano del Cremlino. Una guerra combattuta sulla pelle di migliaia di profughi in fuga dal Medio Oriente e dall’Asia centrale e che aspirano a un futuro migliore in Europa. Una crisi tanto allarmante che l’Onu ha deciso di convocare per giovedì un Consiglio di Sicurezza straordinario.

Con la rotta balcanica bloccata dall’accordo tra Ue e Turchia e quella mediterranea che interessa maggiormente le persone in fuga dall’Africa centrale, il passaggio bielorusso, favorito dalla volontà di Minsk di mettere l’Unione sotto ricatto in risposta alle sanzioni decise per le persecuzioni ai danni degli oppositori politici, è così diventato a tutti gli effetti il nuovo canale dei flussi migratori verso il Vecchio Continente. Tanto che Varsavia oggi ha deciso di aumentare la forza militare al confine, trasferendo altri 15mila soldati. Mentre l’Unione europea, come annunciato dall’Alto rappresentante per la Politica Estera, Josep Borrell, è pronta ad attivare un quinto pacchetto di sanzioni nei confronti dei membri del governo Lukashenko.

Michel: “Finanziare la costruzione di un muro è possibile”
Un nuovo fronte di preoccupazione per i 27 Stati membri che, nel corso dell’ultimo Consiglio Ue sulle migrazioni, avevano recepito la richiesta di alcuni Paesi, tra cui la Polonia, di costruire muri ai confini esterni usufruendo dei finanziamenti comunitari. La risposta, in sostanza, era stata: “Non possiamo impedirvi di farlo, ma non con i fondi Ue“. Una posizione rimessa però in discussione oggi dalle parole del presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, secondo cui “il finanziamento è possibile. È una decisione che deve essere presa dalla Commissione europea. Ma vedremo quale sarà il risultato del dibattito. All’ultimo vertice dei leader Ue abbiamo discusso in modo approfondito su questo. La mia impressione è che dobbiamo chiarire cosa è possibile fare, se possiamo mostrare solidarietà su questo tema importante”.

Michel era oggi a Varsavia per incontrare il premier Mateusz Morawiecki e in conferenza stampa ha giustificato la sua presenza “per esprimere la solidarietà dell’intera Ue nei confronti della Polonia” per “un attacco ibrido brutale e improvviso. Bisogna agire in modo deciso, sulla base dei nostri valori comuni”, ha detto. E ha aggiunto: “È una situazione seria, bisogna agire velocemente e in modo serio. Nel Consiglio europeo avremo un altro dibattito su misure che possano proteggere l’Ue. Parleremo di infrastrutture fisiche e della possibilità di finanziarle. Parlo di infrastrutture che proteggano meglio i confini soprattutto dei Paesi in prima linea. Sosterrò questa attività dell’Ue anche sulla base dei valori fondamentali, davanti ad attacchi ibridi”.

La Commissione però frena ricordando che “la presidente von der Leyen è stata chiara” sulla posizione – contraria – della Commissione in merito alla costruzione di muri con fondi Ue, ha spiegato un portavoce. “Al momento non risulta che le risorse europee siano utilizzate per la costruzione di barriere”, ricorda sottolineando tuttavia come Palazzo Berlaymont sostenga finanziariamente “la gestione dei confini esterni, incluse infrastrutture per il monitoraggio dei confini”.

Angela Merkel sente Putin. Obiettivo: convincere Lukashenko alla tregua
Nonostante l’imminente fine del lungo mandato alla Cancelleria tedesca, Angela Merkel è dovuta intervenire personalmente per cercare di frenare la pressione migratoria ai confini polacchi, visto che la maggior parte delle persone in arrivo nel continente vogliano raggiungere la Germania per iniziare una nuova vita. Così la capa dal governo di Berlino ha contattato Vladimir Putin, storico alleato di Minsk, chiedendo di esercitare la sua influenza su Lukashenko, definendo “disumana e del tutto inaccettabile” la “strumentalizzazione” dei migranti in atto, come si legge in una nota il portavoce Steffen Seibert.

Morawiecki: “Dalla Bielorussia terrorismo di Stato”
Intanto il primo ministro di Varsavia continua a tuonare contro il governo di Minsk, affermando che la situazione che la Polonia si trova oggi ad affrontare “è una manifestazione di terrorismo di Stato. Lo scopo di Aleksandr Lukashenko è destabilizzare l’intera Ue“. E raccoglie l’assist di Michel sulla possibilità di un finanziamento europeo alla costruzione di un muro al confine esterno dicendosi “convinto che alle parole seguiranno i fatti. Gli eventi degli ultimi giorni sono un test per la Polonia e l’Europa” che devono fronteggiare “nuovi metodi di provocazione da Lukashenko. Questa non è una crisi migratoria, ma una crisi politica“. E ha poi chiesto al Consiglio Ue di convocare un vertice straordinario in videoconferenza (prima di quello già pianificato a dicembre) per parlare di “sanzioni economiche” aggiuntive contro la Bielorussia.

Da parte sua, l’esecutivo polacco ha ricevuto la risposta del Cremlino, dopo le accuse lanciate ieri a Mosca che secondo il governo Morawiecki è il vero artefice della manovra spregiudicata di Minsk: “Consideriamo del tutto irresponsabili e inaccettabili le dichiarazioni del primo ministro polacco secondo cui la Russia è responsabile di questa situazione”, ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov.

Ue, trovato l’accordo per nuove sanzioni alla Bielorussia
La richiesta di Morawiecki di nuove sanzioni alla Bielorussia sembra aver trovato subito d’accordo gli altri Stati membri, dopo che ieri era stata decisa la sospensione delle facilitazioni per i visti dei membri del governo Lukashenko. Fonti diplomatiche sentite dall’Ansa fanno infatti sapere che esiste già un accordo di massima tra i vertici governativi europei che adesso dovranno stilare una nuova lista di nomi ed entità che sarà discussa oggi alla riunione degli sherpa. Il lavoro da domani passerà in carico al Coest (il gruppo di lavoro che si occupa di Europa orientale e Asia centrale). La base di partenza per la discussione prevede l’iscrizione sulla black list di 29 individui e della compagnia aerea Belavia. Versione confermata anche dalle parole di Borrell al Parlamento Ue, secondo cui lunedì, in occasione del prossimo summit dei ministri degli Esteri dell’Ue, si discuterà l’attivazione di un quinto pacchetto di sanzioni.

Anche Ursula von der Leyen ha confermato, parlando alla tv Msnbc prima di incontrare Joe Biden alla Casa Bianca, che “stiamo rapidamente allargando le sanzioni contro il regime” di Lukashenko. La presidente della Commissione ha annunciato anche che “esamineremo le compagnie aeree che portano migranti a Minsk con false promesse, cercheremo di sanzionarle perché è un modo per facilitare il traffico di esseri umani”. E dopo l’incontro col presidente Biden, non si esclude che pure gli Stati Uniti possano unirsi nel prevedere nuove sanzioni contro l’esecutivo bielorusso.

Il caos al confine: i migranti sfondano il cordone militare polacco
Mentre nelle cancellerie europee si discute sui provvedimenti da intraprendere per arginare la pressione al confine polacco, continua l’emergenza umanitaria alla frontiera. Due gruppi di migranti sono riusciti a sfondare nella notte il recinto attraversando il confine. Secondo l’agenzia polacca Pap, lo sfondamento è avvenuto nei villaggi di Krynki e Bialowieza. Varsavia ha arrestato più di 50 persone, ha dichiarato all’Afp Tomasz Krupa, portavoce della polizia regionale. Sono almeno 2mila invece quelle bloccate da giorni nei boschi al confine nel tentativo disperato di entrare nell’Ue, con temperature glaciali e pochissime scorte di acqua e cibo, mentre la tensione militare sale a livelli di guardia, tra eserciti schierati e accuse reciproche di “spari in aria”.

Lukashenko dal canto suo denuncia “il dispiegamento delle forze regolari polacche al confine”, affermando che il suo Paese “non si inginocchierà all’Ue”. E accusa le forze polacche di aver picchiato alcuni migranti, nello specifico quattro persone di etnia curda “arrestate in Polonia dove avevano cercato di chiedere protezione e lo status di rifugiato“, ha dichiarato in una nota il servizio delle guardie di frontiera bielorusse, diffondendo immagini che mostrano quattro uomini, alcuni con vestiti insanguinati e uno con tagli sulle mani, che si coprivano il viso. “A giudicare dalle numerose ferite sui corpi dei migranti, le forze di sicurezza polacche hanno maltrattato le persone e, usando la forza, le hanno spinte oltre una recinzione di filo spinato al confine con la Bielorussia”, si afferma nella nota.

In questo braccio di ferro, diverse centinaia di migranti, molti dei quali arrivati dal Medio Oriente con voli sponsorizzati da Minsk, sono accampati in tende precarie nei pressi del villaggio frontaliero polacco di Kuznica, separati da pochi metri e una barriera di filo spinato dal cordone delle forze di sicurezza di Varsavia. Tra loro, anche diverse donne e bambini in condizioni drammatiche ed esposti a temperature che di notte crollano sotto lo zero. Dall’inizio dell’anno, il governo ultraconservatore e nazionalista di Varsavia ha registrato oltre 23mila ingressi irregolari da est, quasi la metà a ottobre. Numeri non confermati però da Frontex, cui da settimane viene negato l’accesso al confine polacco.

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