Il nostro Paese continua a fare promesse di transizione ecologica ma, intanto, continua anche ad essere condannato dalla Corte europea di giustizia perché non rispetta la normativa comunitaria contro l’inquinamento delle acque.

Ma andiamo con ordine. Già nel 2018 la Corte europea ha condannato il nostro Paese a pagare 25 milioni di euro perché, nonostante una precedente censura del 2012, oltre 70 agglomerati urbani, in violazione della normativa comunitaria, erano sprovvisti di fognature e impianti di depurazione adeguati; con l’aggiunta di altri 30 milioni per ogni semestre di ritardo nella messa a norma. Ne avevo dato notizia su questo blog, aggiungendo che i Comuni italiani non a norma con gli scarichi urbani sono molti di più di quelli portati dinanzi alla Corte di Giustizia europea.

Oggi, come prevedibile, arriva la seconda condanna. Con sentenza del 6 ottobre, la Corte (sesta sezione) ha dichiarato inadempiente il nostro paese in quanto 166 agglomerati sono sprovvisti di reti fognarie, 510 agglomerati scaricano in acqua senza un trattamento secondario e 602 agglomerati non si sono adeguati all’obbligo di garantire adeguata depurazione rispetto alle variazioni stagionali.

In più, l’Italia ha omesso di garantire, come prescrive la normativa comunitaria, che le acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, a un trattamento più spinto di un trattamento secondario o equivalente negli agglomerati di Matera, Rionero in Vulture (Basilicata), Trieste-Muggia (Friuli Venezia Giulia), Anagni (Lazio), Pesaro, Urbino (Marche), Dolianova (Sardegna) e Venezia (Veneto), nonché di garantire la percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane sia pari almeno al 75% per il fosforo totale e almeno al 75% per l’azoto totale relativamente alle aree sensibili del bacino drenante nel Delta del Po e nell’Adriatico, del lago di Varese, del lago di Como e del bacino drenante Golfo di Castellammare (Sicilia).

Sarebbe troppo lungo riportare i nomi di tutti i Comuni “condannati” (la sentenza è pubblicata in www.lexambiente.it, 1 novembre 2021) ma, in sostanza, i Comuni inadempienti sono sparsi in tutta Italia. Se non provvederemo presto, quindi, arriverà un’altra “multa” salata che pagheranno tutti i cittadini.

A questo proposito, tuttavia, bisogna aggiungere che l’accertamento che ha portato alla condanna della Corte europea risale al 2017, quindi è possibile (ed auspicabile) che nel frattempo l’Italia abbia sanato almeno una parte di queste inadempienze; altrimenti, quando la Corte quantificherà la condanna, dovremo pagare, come per la sentenza del 2018, una ulteriore, pesante “multa” per ogni semestre di ritardo nella messa a norma.

D’altra parte, sicuramente nel nostro paese ci sono molti altri Comuni non dotati di fognature e depuratori adeguati rispetto a quanto prescrive la Ue, di cui si parla poco perché pochi sono i controlli. Intanto, il nostro mare continua ad essere inquinato e le plastiche, presto, saranno più numerose dei pesci.

C’è da sperare che, dopo questa seconda (purtroppo non ultima) condanna, qualcuno capisca che le grandi opere di cui abbiamo bisogno sono quelle che mettono in sicurezza le nostre acque e il nostro territorio. Come dice la Corte europea, “l’assenza o l’insufficienza dei sistemi di raccolta o di trattamento delle acque reflue urbane rischia di arrecare danni all’ambiente e deve essere considerato come particolarmente grave”.

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