Il Parlamento europeo detta la linea politica alla Commissione Ue con il voto sulla Risoluzione relativa alla Strategia Farm to Fork (dal campo alla tavola). Da qui, Bruxelles dovrà ripartire per elaborare le sue proposte legislative che puntano al dimezzamento dell’uso di pesticidi, alla drastica riduzione dei fertilizzanti e alla coltivazione di almeno il 25% dei terreni agricoli europei con il metodo biologico. Il testo è quasi uguale a quello licenziato a settembre scorso dalle commissioni parlamentari congiunte Ambiente e Agricoltura e non prende posizione sul Nutriscore, il sistema francese che assegna una lettera (e relativo colore) a ogni alimento in base al livello di zuccheri, grassi e sale. C’è solo un emendamento passato in plenaria (e introdotto come ‘considerando’), che fa riferimento a una recente relazione del Centro di ricerca della Commissione (JRC), secondo cui l’attuazione degli obiettivi della strategia “avrebbe un impatto significativo sulla produzione agricola nell’Ue”. Lo studio ritiene “necessarie solide valutazioni d’impatto scientifiche ex ante” nell’elaborazione delle proposte legislative. Valutazioni che contemplino, tra le altre cose, la sostenibilità economica, sociale e ambientale e gli effetti cumulativi della strategia Farm to Fork.

LA PRESSIONE DELLE LOBBY – Anche su questo studio hanno fatto leva di recente le lobby e, in particolare, del Copa-Cogeca, l’associazione europea dell’agroalimentare. Basti pensare al dibattito che si è tenuto durante il World Agri-Tech Innovation Summit e, in particolare, alle parole di Pekka Pesonen, segretario generale di Copa Cogeca, che ha accusato la Commissione Ue di ignorare sistematicamente anche altre ricerche che parlano dell’impatto che avrebbe la strategia. Nelle scorse settimane, il gruppo dei Greens al Parlamento ha però pubblicato un articolo per sfatare quanto si afferma in questi studi ricordando, per esempio, che se si confronta il calo del reddito agricolo nei Paesi europei con la spesa media in pesticidi e fertilizzanti, si evince che dal 1995 l’efficienza economica dell’uso di questi prodotti è diminuita almeno del 25-27%. E che, tra l’altro, il declino dei redditi degli agricoltori è legato più ai profitti supplementari derivati dalla loro produzione (per esempio dai supermercati, come ha raccontato ilfattoquotidiano.it) che al livello delle loro rese.

VOTO A LARGA MAGGIORANZA – Di fatto, nonostante i temi di confronto acceso siano ancora molti, il testo è stato approvato a larga maggioranza (452 voti a favore, 170 voti contrari e 76 astensioni). “Questo voto assume un significato ulteriore in virtù degli ignobili tentativi messi in atto dalle grandi industrie per screditare la strategia Farm to Fork – commenta l’eurodeputata Eleonora Evi, co-portavoce nazionale di Europa Verde – attraverso una narrazione del terrore priva di qualsiasi fondamento scientifico. Sono felice che alla fine, a dispetto dei tentativi dei partiti di destra di indebolire il testo, abbiano prevalso il buonsenso e la consapevolezza che i costi di un mancato intervento, in termini ambientali ed economici, non sono più sostenibili”. L’emendamento attraverso cui si chiedono studi cumulativi viene considerato comunque necessario dal Movimento 5 stelle. Che, però, si sarebbe aspettato di più “anche a partire dall’etichettatura, che non può essere fuorviante per il consumatore: dunque va eliminato una volta per tutte il fraudolento e antiscientifico sistema del Nutriscore a semaforo, che non segue alcuna logica di qualità e delle proprietà organolettiche del prodotto”, ha spiegato l’europarlamentare Dino Giarrusso.

NON SI SCIOLGONO I NODI SULL’ETICHETTATURA – Un tema piuttosto delicato e su cui ci sono pareri discordanti, anche tra gli stessi esperti italiani. Tra l’altro, da gennaio 2022 la Francia sarà a capo della Presidenza del Consiglio Ue e porrà in agenda l’adozione della sua etichetta Nutriscore. Ma il Parlamento europeo pur dedicando 5 punti della sua risoluzione ai sistemi nutrizionali e ai sistemi di etichettatura fronte pacco, si presta a interpretazioni e non prende posizioni nette. Portando a casa anche per questo una larga maggioranza. Non è un caso se nel testo approvato si chiede che non vi sia nessuna discriminazione né di settore né di prodotto, accontentando un po’ tutti e non chiudendo né aprendo la porta al Nutriscore. Si punta il dito, insomma, solo sul consumo eccessivo e alimenti altamente trasformati e ricchi di sale, zuccheri e grassi, anche fissando livelli massimi di assunzione. “Spetta adesso alla Commissione europea presentare anche una proposta sull’etichettatura fronte pacco che sia davvero informativa per i consumatori e tenga conto della specificità dei prodotti DOP e IGP. Dobbiamo mettere da parte i modelli che puntano su produzioni intensive e non sostenibili e puntare senza esitazioni sulla salute animale, l’ambiente, il clima e la biodiversità”, ha commentato, a riguardo, Daniela Rondinelli, europarlamentare del Movimento 5 Stelle.

DAI PESTICIDI AGLI ALLEVAMENTI – Nel testo, i deputati hanno sottolineato anche la necessità di maggiore sostenibilità in ogni fase della filiera alimentare e hanno ribadito che tutti – dall’agricoltore al consumatore – hanno un ruolo da svolgere in tal senso. Affinché gli agricoltori percepiscano una parte equa dei profitti ottenuti da alimenti prodotti in modo sostenibile, si chiede poi alla Commissione di intensificare gli sforzi, anche attraverso l’adeguamento delle regole di concorrenza, per rafforzare la posizione degli agricoltori nella filiera. Tra le raccomandazioni, in particolare, obiettivi di riduzione vincolanti per l’uso dei pesticidi, l’inclusione della pesca come settore importante nella strategia Farm to Fork, la concessione di più terreni per l’agricoltura biologica. Sul fronte degli allevamenti, si chiedono indicatori comuni e scientificamente fondati sul benessere degli animali per una maggiore armonizzazione a livello comunitario, una verifica sulla necessità di modifiche alla legislazione Ue, l’eliminazione graduale dell’uso delle gabbie e l’autorizzazione per i prodotti animali non originari dell’Ue solo solo se rispettano standard in linea con quelli dell’Unione. Il pacchetto ‘Fit for 55’ deve prevedere, inoltre, norme e obiettivi ambiziosi per le emissioni derivanti dall’agricoltura e dal relativo uso del suolo e criteri rigorosi per la produzione di energia rinnovabile a partire dalla biomassa.

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