Una delle cose che rendono un festival speciale sono le preaperture. Ogni preapertura, prima ancora dei film in concorso, rappresenta in breve ciò che il festival vorrà dire con la sua selezione e i suoi ospiti per incontri con il pubblico. Quindi quest’anno, un po’ increduli e sotto sotto ebbri di gioia per il 100% posti in sala appena ripartito, vedremo la Festa del Cinema di Roma apprestarsi a un’edizione che non guarda soltanto al presente e al futuro del cinema con la consueta sequela di nuovi autori e registi ancora sconosciuti ai più, ma che ricorda con tenerezza il fresco passato con Tim Burton e Quentin Tarantino, giganti senza film in uscita, ospiti e attesissimi fiori all’occhiello di questo 16esimo anno di cinema che ha appena riacceso l’Auditorium Parco della Musica “Ennio Morricone”.

Così l’operazione nostalgia inizia con l’acceleratore, anzi con una modernissima slitta senza renne capace di viaggiare oltre 12 mila chilometri orari. La porta Gigi Proietti, per l’occasione in abito rosso da Santa Claus, al fianco del riottoso ladruncolo uscito da Regina Coeli da reinserire nella società, Marco Giallini, entrambi protagonisti della commedia fantasy Io sono Babbo Natale. Proietti è magistrale nel tenerci dentro tutti i lucciconi (ma questo solo fino a un certo punto): questo è il suo ultimo lavoro d’attore, il suo ultimo film girato un paio d’anni fa da Edoardo Falcone. L’autore ha scritto il film pensando esattamente a questi due attori, romani ma così diversi, eppure così armonici nei tempi comici, gli sketch, le piccole improvvisazioni di queste due lenze faranno sorridere i bambini, dal 3 novembre al cinema. Magari molti conosceranno per la prima volta Proietti, e questo è un piccolo, prezioso, ultimo lascito dell’attore al suo pubblico e alle nuove generazioni.

Il film segue una dinamica molto simile a quelle hollywoodiane, dove l’antieroe dovrà intraprendere un percorso di crescita e cambiamento sostenuto dal saggio che pazientemente lo sostiene anche dopo qualche tradimento. Si parla allora di ritrovata lealtà, nuove amicizie, generosità e gentilezza. In questo, parti fondamentali le costituiscono Barbara Ronchi e la piccola Alice Adamu, qui mamma e figlia da recuperare. I loro personaggi rappresentano i sentimenti e le conseguenze nelle scelte del percorso dell’eroe. Favola natalizia con la leggenda nordica riambientata a Roma, sa un po’ di high-tech e un po’ di trippa alla romana, come quella che Giallini servirà al suo amico e ai suoi elfi. Questo nuovo titolo Lucky Red verrà distribuito all’estero da True Colors, e chissà come sceglieranno di tradurre quella trippa servita con menta e pecorino. E chissà se i bambini degli altri paesi, nel guardare in futuro il film su Amazon Prime, partner in produzione, si faranno catturare anche loro da questi due signori barbuti, uno regale e compito, l’altro furbo, pasticcione e alla ricerca di se stesso.

Sempre in tema di addio si svolge il terzo, attesissimo capitolo di una delle saghe anni ’80 per antonomasia: Ghostbusters. I primi due, dell’84 e dell’89, scrissero una pagina importante di cinema fantastico perché lo mescolavano con la commedia. Gli attori provenivano dal Saturday Night Live, show televisivo che ha fatto epoca, e uno di loro, Harold Ramis, è venuto a mancare nel 2014. Impersonava Egon Spangler, lo scienziato occhialuto e cervellone inventore di zaini protonici e tutto l’occorrente per trasformare quattro ricercatori universitari un po’ sfigati in Acchiappafantasmi. La leggenda dei primi due film è diventata icona del cinema di quegli anni allargandosi a fenomeno culturale grazie a un vorticoso merchandising oggi rinato per il nuovo capitolo, Ghostbusters Legacy.

I nuovi protagonisti sono Finn Wolfhard, che già conosciamo dallo Stranger Things di Netflix, e Mckenna Grace, bambina prodigio che sta crescendo bene il suo talento tra blockbusters appartenenti a diversi generi. Bene. I due vestono i panni dei nipotini di Egon, ma non lo sanno perché la madre, cresciuta da un padre assente dedito perlopiù alla scienza, ha nascosto loro quelle avventure ultraterrene. La piccola Phoebe ha comunque gli stessi talenti del nonno, e la casa semidiroccata dove vanno abitare tutti e tre li porterà a vivere una nuova minaccia spettrale da sventare. Si unisce alla compagnia un professore della scuola, bonaccione e fissato con gli horror anni ’80. Perfetto per questa parte quel mattacchione di Paul Rudd. “Negli anni ‘80 New York era come The Walking Dead”, dirà ai ragazzi mostrando loro le prodezze dei Ghostbusters su YouTube. Per lui “La scienza è punk-rock. È una spilla da balia nel capezzolo degli accademici”. E in base a questa visione di scienza, o alla versione cinematografica di essa, questo terzo capitolo scorre tra avventure spettacolari, nuovi e vecchi fantasmi, teorizzazioni cervellotiche, dialoghi dal ritmo pimpante e battute da citare, raccogliendo con leggerezza l’eredità dei primi due.

La regia è passata a Jason Reitman, figlio di Ivan Reitman, che diresse i primi due capitoli. Un progetto seguitissimo e rimandato in uscita causa Covid che fa capolino qui da noi alla Festa del Cinema ma sarà regolarmente in sala dal 18 novembre. Il tentativo è decisamente ben riuscito. Tutto fila coerentemente con il passato e i nuovi legami che ci riportano lì. Sulla forma estetica manca un tanto così nelle scene d’azione perché diventi un film iconico, ma le due ore che offre sono piene zeppe di divertimento per tutta la famiglia, senza tralasciare la nostalgia inevitabile che una pausa di oltre 30 anni ha provocato nel pubblico cresciuto tra raggi protonici incrociati e gag allo slime. L’emozione del finale non va anticipata, ma questo terzo capitolo, nonostante minime imperfezioni, si farà amare quanto i primi due.

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