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Steve Jobs, 10 anni fa la morte del genio creativo, informatico e imprenditoriale. E Cook disse: “Sarà sempre nel Dna di Apple”

L'imprenditore statunitense classe 1955 è morto il 5 ottobre 2011 a causa di un carcinoma. Alla guida del colosso di Cupertino che creò nel 1976 ha immaginato o reimmaginato quasi tutti i dispositivi che usiamo oggi: dal portatile all’iPhone, fino allo streaming e ai film d'animazione

di F. Q.

Simbolo di innovazione e creatività, Steve Jobs – morto 10 anni fa – continua a lasciare il suo segno su Apple anche nel presente, dopo averla guidata come amministratore delegato fino all’agosto del 2011. In molti sostengono che sia ancora merito della sua visione e del suo lascito se il colosso di Cupertino (di cui è stato cofondatore) continua ad essere un punto riferimento in diversi settori, dagli smartphone ai computer. In effetti il genio creativo, informatico e imprenditoriale ha introdotto prodotti di successo ed è stato tra i primi ad intuire le potenzialità del mouse e dell’interfaccia grafica basata sull’impiego di icone e finestre. Idee che nel 2007 gli sono valse, non a caso, un posto tra i 25 uomini d’affari più potenti del mondo secondo Fortune oltre al titolo di persona dell’anno del Financial Times conquistato nel 2010. Nel corso di questi anni, a Steve Jobs sono stati dedicati libri, film e le case d’aste continuano a fare affari con i cimeli che affiorano di tanto in tanto, dal suo curriculum vitae, alla prima domanda di lavoro, ai biglietti da visita ai manuali autografati. Segno che la sua figura carismatica, un’icona senza tempo in jeans e dolcevita nero, non è ancora stata sostituita nell’immaginario collettivo.

Nato a San Francisco il 24 febbraio 1955, di origini siriane per parte di padre, Jobs non fu cresciuto dai suoi genitori naturali ma fu dato in adozione. Un particolare della sua vita privata, tra i tanti eccentrici, che ha ispirato anche Banksy: l’artista inglese qualche anno fa lo ha infatti ritratto, con un computer e una sacca sulle spalle, nel campo profughi di Calais, in Francia, per portare l’attenzione sulla crisi dei rifugiati. Nella sua lunga vita in Apple, fondata nel 1976 con Steve Wozniak e Ronald Waynee in un garage e passata dal quasi fallimento a un valore di mercato di trilioni di dollari, l’imprenditore ha immaginato o reimmaginato quasi tutta la tecnologia che usiamo ogni giorno: dal personal computer all’iPhone, che ha rivoluzionato il concetto di telefono al punto da essere inserito dal periodico americano Time tra i gadget più influenti del decennio. Ma anche l’iPod e la piattaforma iTunes, che hanno aperto la strada alla smaterializzazione della musica e allo streaming. Senza dimenticare il suo contributo alla fondazione di Pixar Animation Studios, che ha guidato come ceo fino all’acquisto da parte di Walt Disney.

“Non c’è un giorno che non pensiamo a Steve Jobs, sarà sempre il Dna di Apple”, ha detto qualche anno fa l’ad Tim Cook inaugurando il teatro a lui dedicato nell’Apple Park, la nuova sede dell’azienda a cui il suo fondatore aveva lavorato fino all’ultimo. Cook ha preso il testimone a fine agosto 2011, quando Jobs si è dimesso per motivi di salute e ha portato avanti in questi dieci anni una società non facile da gestire, con un’eredità così pesante sulle spalle e con temi sempre più pressanti legati alla privacy e alla concorrenza. L’ingegnere che ha dato al gigante californiano una svolta green nei prossimi anni però potrebbe lasciare il timone, per sua stessa ammissione. E a quel punto si riaprirà la nuova difficile partita per prendere il comando del gruppo.

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