Quando ad agosto il numero dei ricoveri e dei contagi aveva ingiustamente ed erroneamente sollevato perplessità sulla efficacia dei vaccini, tutti gli esperti avevano spiegato come senza l’immunizzazione saremmo stati probabilmente in lockdown a causa della maggiore trasmissibilità della variante Delta. Due mesi dopo non solo la protezione dei vaccini è evidente, ma ci mostra come l’argine ai contagi ci permetta di stare in una situazione decisamente migliore di quella di un anno con le scuole ormai aperte da oltre due settimane.

A mostrare, numeri alla mano che se stiamo intravedendo un barlume di normalità lo dobbiamo ai composti anti Covid è Roberto Battiston, docente di fisica all’Università di Trento. In una intervista a La Repubblica lo scienziato spiega come dopo la fiammata estiva “si è fatto sentire l’effetto della campagna vaccinale, che dopo avere spento definitivamente la variante Alfa, che ancora circolava, ha domato l’effetto della Delta, facendo piegare verso il basso sia la curva dell’Rt che quella dei nuovi infetti quotidiani”.

E le differenze tra questo autunno e quello dell’anno scorso sono evidenti: “L’anno scorso di questi tempi venivamo da una estate dai numeri molto bassi, ma poi i nuovi infetti e Rt crebbero in modo rapidissimo dopo la riapertura delle scuole e delle attività produttive, portando a fine novembre il numero degli infetti attivi a quota 800mila. Quest’ anno non sta accadendo niente di simile: siamo partiti, come detto, da numeri estivi più alti, ma da metà agosto siamo in continua decrescita, anche se negli ultimi giorni si osserva un leggero rallentamento”. Tutto questo “nonostante che, solo con la riapertura delle scuole, si sia messo in moto un rimescolamento della società che coinvolge, direttamente o indirettamente più di nove milioni fra studenti e personale scolastico oltre ai rispettivi nuclei familiari, una parte sostanziale della società italiana”. Insomma un anno fa ci aspettavano zone rosse, restrizioni, dad per gli studenti, quest’anno i numeri e la prospettiva sono decisamente migliori.

E sarà importante come sottolinea, Sergio Abrignani, membro del Cts, professore ordinario di Immunologia all’Università Statale e direttore dell’Istituto nazionale di genetica molecolare Invernizzi del Policlinico di Milano, anche la vaccinazione antinfluenzale. L’immunologo sgombra il campo dal dubbio che fare anti Covid e anti influenza insieme possa essere problematico. “In medicina, combinare i vaccini è la regola. Si può combinare qualsiasi dose anti-Covid, prima, seconda o terza, con il vaccino antinfluenzale. Quest’anno si tratterebbe di due iniezioni, mentre per l’anno prossimo alcune aziende come Moderna lavorano a una fiala unica. È una possibilità in più – ricorda lo scienziato – per i soggetti per cui è raccomandata la terza dose ovvero i fragili e gli over 60, gli stessi a cui è consigliato l’antinfluenzale. Lo stesso giorno, magari su braccia diverse, possono ricevere due iniezioni”. Non sullo stesso braccio, sottolinea, “soprattutto per evitare fastidio in un punto solo, ma va bene anche sullo stesso braccio”. In ogni caso, nessun problema per la somministrazione concomitante: “L’anno scorso, per esempio, molti anziani hanno fatto l’antipneumococcica con l’antinfluenzale. D’altra parte diamo ai bambini esavalente e trivalente”.

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