L’ultima sfida dell’icona del pugilato Manny Pacquiao è servita: si batterà per la carica di presidente della Filippine nelle elezioni del giugno 2022. L’annuncio è arrivato domenica 19 settembre, quando il lottatore, unico ad aver vinto il titolo mondiale in otto differenti classi di peso, ha accettato formalmente la candidatura nel corso dell’assemblea nazionale del Partito Democratico, di cui è esponente anche l’attuale leader del Paese Rodrigo Duerte.

“Sono un combattente, e sarò sempre un combattente dentro e fuori dal ring”, ha detto Pacquiao. “Abbiamo bisogno di progressi – ha aggiunto – abbiamo bisogno di vincere contro la povertà, abbiamo bisogno che il governo serva il nostro popolo con integrità, compassione e trasparenza”. Campione dei pesi mosca e dei pesi piuma, dei supergallo e dei welter e più in generale di 12 titoli iridati, il boxer 42enne è in politica dal 2007, anno della sua prima candidatura alla Camera dei Rappresentanti delle Filippine, dove è stato eletto la prima volta nel 2010. Dal 2016 riveste la carica di senatore: per lungo tempo è stato un sostenitore del presidente in carica ma negli ultimi mesi si schierato contro di lui su diversi temi, dalla lotta alla droga e alle organizzazioni criminali, definita “una spinta alla pena di morte” per la ferocia con cui è stata condotta, al denaro destinato all’emergenza Covid, a suo avviso “andato disperso a causa di burocrazia e corruzione endemica”, fino alle scelte di politica estera sulla gestione delle rotte commerciali nel Mar Cinese Meridionale, che a suo avviso non tutelano gli interessi del popolo filippino.

A contendere a Pacquiao la vittoria politica in quella che promette di trasformarsi in una lotta interna alle fila del Partito Democratico potrebbe essere la figlia dell’attuale leader, la popolarissima Sara Duterte-Carpio. Un’altra fazione del partito sta infatti ragionando di candidarla alla guida del Paese con il padre che invece sarà costretto a competere per il ruolo di vicepresidente, non potendo sostenere un secondo mandato a causa dei vincoli costituzionali. Prima di Pacquiao, era stato proposto alla presidenza il senatore Bong Go, che però ha rifiutato la nomina proprio per paura di finire stritolato nella morsa della famiglia Duerte. Ecco così che a raccogliere il suo testimone è stata la star del pugilato, reduce da una sconfitta ad agosto con il campione in carica Yordenis Ugas per titolo Wba dei pesi welter e ormai convintasi al ritiro. L’atleta è molto ammirato nel Paese asiatico per la sua generosità e per essersi tirato fuori dall’indigenza diventando uno dei pugili più grandi e ricchi del mondo: una storia personale di riscatto che, insieme alla lotta alla corruzione e alla povertà, costituiranno probabilmente i cardini della sua campagna.

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