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René Redzepi, lo chef stellato pubblica la foto di una parte anatomica di renna: “Non si spreca niente, sapete cos’è?” Social scatenati

Le risposte arrivano a pioggia: oltre mille i commenti. Chi scherza e tira a indovinare: intestino, uretra, tendine, trachea? Molti pensano, più verosimilmente, che si tratti dell’organo genitale della renna

di Simona Griggio

Del maiale non si butta via niente, recita il detto. Ma nemmeno della renna. Per scoprirlo basta addentrarsi nella pagina Istagram di René Redzepi. È il super chef del “Noma” di Copenaghen, due stelle Michelin, quattro volte al top della classifica dei “The world’s 50 best restaurants”. Il re della rivoluzione della cucina nordica, la new nordic cuisine, pubblica la foto di una parte anatomica di renna difficile da identificare. E lancia la provocazione ai follower. “Non voler sprecare niente ci ha portato su strade non convenzionali – scrive – ed eccoci al lavoro con le renne per l’imminente stagione di selvaggina. Avete idea di cosa sia?”.

Le risposte arrivano a pioggia: oltre mille i commenti. Chi scherza e tira a indovinare: intestino, uretra, tendine, trachea? Molti pensano, più verosimilmente, che si tratti dell’organo genitale della renna. Dal potere afrodisiaco o certamente di buon auspicio per la sessualità. Ma c’è anche chi scrive: “E’ proprio necessario?”, chi si stupisce o lo sbeffeggia.

Una provocazione? Forse. Ma Redzepi, esploratore gastronomico del territorio, che sa cucinare come nessuno muschi, licheni, bacche, funghi, piante spontanee e insetti, tace. Nel 2011 ha fondato Mad (“cibo” in danese), organizzazione no-profit che invita nomi della ristorazione internazionale a creare insieme un mondo del food sempre più etico e sostenibile. La scelta di non buttare via niente fa parte della sfida allo spreco alimentare. Del resto anche nella nostra tradizione esistono il panino con la matrice di mucca, la trippa accomodata, il cervello fritto in padella. Ricette che provengono da un’epoca in cui il non sprecare era una necessità quotidiana, perché il cibo scarseggiava. Oggi diventa una filosofia alimentare imprescindibile, visto che tutti gli studi confermano quanto l’uomo consumi troppo rispetto alle capacità della nostra terra.

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