Ci sarà una ripresa della pandemia in autunno? Conviene la vaccinazione “mista” AstraZeneca+Pfizer? Qual è l’origine del SARS-CoV-2? La scienza si è evoluta ponendosi domande e mettendo in dubbio i dogmi, non professandoli. Prima della pandemia, l’unica certezza scientifica che avevamo riguardo alla vita era la sua inevitabile fine, cioè la morte. Adesso ne abbiamo certificata un’altra: che gli scienziati in tv hanno detto tutto e il contrario di tutto.

Il lavoro dei ricercatori per scrivere un articolo scientifico è lungo e laborioso e dopo mesi, se non anni, di lavoro ci si trova a formulare un’ipotesi verosimile (che non è la verità). Per rispondere al pubblico però non ci sono a disposizione anni, ma poche ore. La parola inglese per “notizie” è “news”, cioè cose nuove. I giornalisti sono costretti alla fretta. Buona parte di loro sono pagati per ogni articolo che pubblicano, e non sempre un lavoro più accurato è anche meglio retribuito. Inoltre, per la diffusione dei contributi conta molto di più parlare della “notizia del momento”, piuttosto che offrire contenuti di qualità.

L’esperienza in Parlamento mi ha fatto comprendere meglio che chi fa informazione riporta semplicemente le affermazioni di uno scienziato, cioè si limita a fare da tramite con i lettori, non le sottoscrive come probabilmente vere o false. Devo però aggiungere che c’è una responsabilità nell’individuare chi si intervista, perché l’etica imporrebbe di dare voce a chi offre un’informazione di qualità ai cittadini piuttosto che a qualcuno che “megafona” le idee personali di colui che scrive l’articolo.

Agli scienziati l’etica imporrebbe di non dire quello che conviene di più in termini di visibilità personale, magari cavalcando l’allarmismo del momento, ma piuttosto, con grande cautela, quello che si ritiene più realisticamente probabile, premettendo che in seguito a nuove evidenze scientifiche tutto ciò che si afferma in questo momento potrebbe cambiare. Durante un colloquio con un giornalista c’è sempre la possibilità di dire quella magica frase di tre parole: “non lo so”. Ammettere di non sapere non è segno di debolezza, anzi tutt’altro.

Gli scienziati e chi ha ruoli pubblici però dovrebbero tentare con grande cautela di darle, le risposte al pubblico. Con le premesse di cui sopra vediamo insieme quale potrebbe essere uno scenario realistico in autunno.

Ci sono quattro Coronavirus noti benigni, e tutti e quattro nei climi temperati hanno andamento stagionale. Attenzione: avere “andamento stagionale” non vuol dire “che sparisce d’estate”, ma piuttosto che c’è una forte attenuazione tra giugno e settembre, con una ripresa da ottobre. E d’estate, se ci si accalca in un luogo al chiuso senza precauzioni il virus si trasmette eccome, vedi l’esempio del Billionaire. Tuttavia, appare oramai innegabile come durante la bella stagione il virus si controlli molto più facilmente: questo è il significato di “andamento stagionale”.

Ci sono tante ipotesi per spiegare l’andamento stagionale osservato. Con il caldo le “droplets” (goccioline) nelle quali è contenuto il coronavirus potrebbero evaporare prima inattivandolo, lo stesso effetto potrebbe avvenire grazie alla maggiore durata del giorno e quindi la maggiore esposizione ai raggi UV, ci potrebbe essere una diversa risposta del sistema immunitario, maggior vita all’aria aperta. Non sappiamo quale sia l’impatto di questi fattori e quale possa essere quello prevalente, ma per i coronavirus “benigni”, quelli che causano per lo più comuni raffreddori, l’andamento stagionale indubbiamente c’è (vedi Figure 1 in “Potential impact of seasonal forcing on a SARS-CoV-2 pandemic”, Neher Richard A., Dyrdak Robert), anche se questo non esclude dei focolai a livello locale.

Non sappiamo quanto gli altri coronavirus siano simili al SARS-CoV-2, ma sarebbe davvero sorprendente se con queste premesse non ci fosse almeno un’attenuazione durante l’estate. È presumibile che la vaccinazione possa essere una barriera efficace, se non altro a livello individuale nell’evitare la malattia grave, ma il livello di attenzione dovrà presumibilmente risalire.

In questa pandemia abbiamo visto come i modelli matematici abbiano prodotto delle previsioni di scarsa utilità. Si sono rivelati un minimo efficaci solo per il breve tempo che le curve epidemiche hanno seguito la crescita esponenziale. Nessuna epidemia però segue la curva esponenziale a lungo. Le ondate epidemiche seguono piuttosto la curva logistica (una curva a “s” allungata), che all’inizio assomiglia all’esponenziale, ma poi inevitabilmente si piega. Una volta superati i primi giorni, diventa molto complesso fare previsioni un minimo affidabili, soprattutto a distanza di due-tre mesi.

E quindi, che cosa succederà a ottobre? L’andamento stagionale non è una discussione accademica fine a se stessa: ci permette di dire che adesso ci può essere un moderato rilassamento, ma in autunno sarà probabilmente necessario alzare l’attenzione avendo sfruttato l’estate per vaccinare il più possibile, soprattutto le persone a rischio. Ché è inutile e dannoso mettersi ad accusare le scuole quando ci saranno eventualmente i primi contagi autunnali. Ché l’allarmismo, anche quello sulle nuove varianti, è sempre inutile. Con prudenza e razionalità ci sono tutte le premesse per tornare a un mondo diverso, ma migliore di quello di prima. Questa è una certezza.

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