di Matteo Maria Macrì

Sono un medico in servizio presso un ospedale pubblico e vorrei fare una riflessione su quello che ritengo essere il perno della sanità nazionale: la medicina territoriale. Partiamo da un’analisi dei punti che a mio avviso andrebbero riformati:

selezione e qualità della formazione dei Medici di medicina generale (Mmg): per diventare Mmg esiste un concorso regionale per accedere ad un corso specifico di 3 anni. Tale corso si compone di un periodo di tirocinio in ospedale nei vari reparti specialistici e di un periodo di affiancamento a Mmg sul territorio;

numero massimale di assistiti consentito per un singolo Mmg: attualmente è di 1500 pazienti (derogabile fino a 1800);

– sorveglianza dell’adeguatezza e della qualità dell’operato del singolo medico: esistono controlli e sanzioni, ma decisamente non adatti a garantire la qualità, in quanto mirati più che altro a ridurre i costi, cosa che non sempre coincide con qualità. Esistono invece le leggi del libero mercato: un paziente è libero di interrompere il rapporto con il proprio Mmg qualora non dovesse ritenere le sue prestazioni all’altezza delle proprie aspettative;

organizzazione dei presidi locali di medicina generale: attualmente la maggioranza degli studi dei Mmg è dislocata in singole unità a seconda della zona di competenza. Solo recentemente si inizia ad assistere alla formazione di centri poliambulatoriali, ma rimangono una minoranza.

Dopo questa breve analisi vorrei permettermi di proporre come a mio parere dovrebbe essere riformato ogni punto sopra menzionato, per migliorare la qualità di questo servizio. L’attuale modalità di selezione dovrebbe essere tramite lo stesso concorso per accedere alle altre specializzazioni mediche (come in altri paesi europei). Il motivo risiede nel rispettare lo stesso principio di equità ed efficienza che ha ispirato la nascita di un unico concorso nazionale, ma soprattutto nel dare la stessa dignità di “formazione specialistica” all’attuale “corso di formazione”.

Infatti, connesso al problema della selezione vi è un punto molto più critico: quello della qualità della formazione. Da medico (fresco di studi) conosco la realtà dell’attuale corso. Il “corsista” di Mmg, non avendo un reparto di riferimento all’interno della struttura ospedaliera universitaria, troppo spesso viene trascurato, senza aver garantita la continuità necessaria per acquisire delle competenze cliniche e pratiche adeguate. Sarebbe quindi auspicabile istituire un ciclo unico di formazione “specialistica” della durata e della qualità adeguata.

Per quanto riguarda il numero massimale di assistiti, è fin troppo logico che più assistiti si hanno a carico meno tempo (e meno accuratezza) si potrà dedicare alla cura del singolo paziente (fenomeno fin troppo diffuso). Appare quindi ragionevole ridurre (sensibilmente) l’attuale numero e parallelamente aumentare i posti di formazione in Medicina generale.

Il controllo della qualità dell’operato del singolo medico è un qualcosa di essenziale, sia a garanzia del paziente che come stimolo per lo specialista al continuo aggiornamento e miglioramento. Valutare la qualità dell’operato del singolo Mmg attraverso il controllo dell’appropriatezza delle prescrizioni e della capacità di gestione dei pazienti, come avviene in un reparto di ospedale è un qualcosa di possibile e di auspicabile.

Connesso a tale problema c’è l’organizzazione dei presidi. Valutare la qualità del servizio ed eventualmente intervenire in modo mirato per migliorarla sarebbe possibile se si accorpassero in centri poliambulatoriali, con personale e strumenti adeguati a garantire l’esecuzione di esami diagnostici e prestazioni sanitarie di primo livello, con una continuità assistenziale di qualità h24, riducendo cosi gli accessi impropri nei Pronto Soccorso (25% del totale degli accessi).

Congiuntamente a queste riforme, sarebbe il caso di rivedere le forme contrattuali, per garantire tutele e compensi giusti, magari rendendoli dipendenti pubblici del Sistema sanitario nazionale.

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