Gli anticorpi prodotti dal Coronavirus restano in vita nell’organismo delle persone che sono state positive, o sono negative, ma risultano positive al test sierologico, dai 9 ai 10 mesi. È questa l’anticipazioni dello studio sulla popolazione del cluster di Vò Euganeo, in Veneto, condotto dall’Università di Padova e dall’Imperial College di Londra, capofila della ricerca il professor Andrea Crisanti, microbiologo dell’Ateneo. A fine novembre nella cittadina veneta si era svolto l’ultimo test su 160 residenti che a maggio, dopo un prelievo venoso, nei quali era stata rilevata la presenza degli anticorpi.

Un esame per verificare, a distanza di 6 mesi, se avevano ancora l’immunizzazione e quanto fosse efficace. Nelle prime due tornate di studio erano stati eseguiti tamponi molecolari su tutti i residenti, nella terza i tamponi erano stati associati al prelievo di sangue. Lo studio è stato sottoposto alla valutazione della rivista scientifica Nature che potrebbe dare tra un paio di settimane il primo responso. Poi ci vorrà un mese e mezzo per rendere pubblico un lavoro che potrebbe dare nuove e preziose informazioni su come contrastare il virus che ha provocato nel mondo oltre 2 milioni di morti.

La persistenza degli anticorpi è un argomento di studio molto importante per gli scienziati e anche per la campagna vaccinale. Lo scorso ottobre sulla rivista Science era stato pubblicato uno studio che dimostrava come Sars-CoV-2 lasciasse nel nostro sistema immunitario un segno più forte e duraturo del previsto. L’analisi aveva consentito di capire che la maggior parte dei malati che hanno avuto una forma lieve o moderata di Covid-19 mantiene per almeno cinque mesi una forte risposta degli anticorpi capaci di neutralizzare il virus. Lo studio era stato condotto dalla Icahn School of Medicine del Mount Sinai a New York, città duramente colpita dall’epidemia.

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