Contro le varianti del Covid, a partire da quella inglese, serve un “rafforzamento delle restrizioni” in vigore. Lo chiede il Comitato tecnico scientifico al governo, lo chiede l’Istituto superiore di sanità alla luce del suo studio sulla presenza della mutazione nel nostro Paese, lo chiede per tutta Europa l’Ecdc (il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie). Che nelle scorse ore ha definito “molto preoccupante” la situazione epidemiologica nel Continente e ha rivisto al rialzo le stime di una nuova accelerazione dei contagi in Ue a causa delle varianti: adesso il rischio è considerato “alto-molto alto per la popolazione complessiva e molto alto per gli individui vulnerabili”. Il monito del Centro europeo piomba come un macigno nel dibattito italiano, diviso tra chi chiede un nuovo lockdown – come Walter Ricciardi – e chi, governatori del Nord in primis, protesta contro lo stop allo sci voluto dal ministro della Salute di concerto con il neopremier Mario Draghi. L’Ecdc invita gli Stati membri a mantenere le misure in vigore o ad inasprirle e nel frattempo ad “accelerare le campagne di vaccinazione, poiché le varianti hanno maggiore trasmissibilità” e potrebbero “determinare una maggiore gravità della malattia”. Inoltre “i vaccini con licenza esistenti” potrebbero essere “solo parzialmente o in gran parte meno efficaci”.

Una situazione che riguarda anche l’Italia, dove la variante inglese al momento è presente in 1 caso positivo su 5, come accertato dall’Istituto superiore di sanità. Ulteriori dettagli sullo studio condotto a inizio febbraio sono emersi dalla Relazione tecnica, in cui si legge che la sua diffusione “non è omogenea” sul territorio nazionale: si va dallo 0% di alcune aree a punte del 59%. Anche gli esperti dell’istituto guidato da Silvio Brusaferro – il quale prevede un sorpasso del ceppo Uk rispetto a quello di Wuhan nel giro di 5-6 settimane – raccomandano quindi di intervenire “rafforzando/innalzando le misure in tutto il paese e modulandole ulteriormente laddove più elevata è la circolazione, inibendo in ogni caso ulteriori rilasci delle attuali misure in atto”. Nel contesto italiano, “in cui la vaccinazione delle categorie di popolazione più fragile sta procedendo rapidamente ma non ha ancora raggiunto coperture sufficienti”, si legge, la diffusione di varianti “a maggiore trasmissibilità può avere un impatto rilevante se non vengono adottate misure di mitigazione adeguata“.

L’intero dossier è già atterrato sul tavolo del Comitato tecnico scientifico: gli esperti, raccontano fonti a Ilfattoquotidiano.it, nella riunione di venerdì scorso si sono espressi con “toni durissimi” al governo: per rallentare la corsa del ceppo Uk è necessario un “rafforzamento” e “incremento” delle misure, si legge nel verbale. L’indicazione degli scienziati è tanto chiara quanto pesante: per “contenere e rallentare” la diffusione è necessaria una “rigorosa osservanza, rafforzamento e incremento delle misure di mitigazione del rischio sia in ambito nazionale che in specifici ambiti locali, evitando ulteriori misure di rilascio”. Una mossa che ricalcherebbe quanto già accaduto altrove, sottolinea il Cts nel suo parere, spiegando che norme anti-Covid più rigide hanno rappresentato la “strategia adottata negli altri Paesi europei”, come la Germania che è in lockdown da metà dicembre e lo sarà fino al 7 marzo, con Angela Merkel che ha già avvisato come l’incidenza dovrà scendere sotto i 35 positivi per 100mila abitanti per arrivare a un allentamento delle misure. “L’incidenza dell’epidemia – si legge ancora nel verbale – risulta nuovamente in crescita, con un impatto sostenuto sui sistemi sanitari”. E l’incremento dell’incidenza dovuta alle varianti “potrebbe prefigurare scenari – aggiungono – con un nuovo rapido aumento diffuso nel numero di casi nelle prossime settimane”.

Le Regioni più attenzionate al momento sono quelle del Centro Italia, a partire da Umbria, Abruzzo e Marche. I dati sulla diffusione del ceppo Uk in ciascun territorio ancora non sono ancora disponibili, ma l’assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato, ha riferito che nella sua Regione la variante britannica è presente al 18 per cento, mentre l’Unità di crisi della Campania ha reso noto che nella regione guidata da Vincenzo De Luca lo screening dei tamponi ha restituito un dato sensibilmente più alto: un caso su quattro. Lo studio di sorveglianza epidemiologica condotto da Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno, Tigem e ospedale Cotugno di Napoli per l’analisi dell’aumento dei campioni positivi registrati in Campania nelle ultime settimane ha sentenziato che il 25% è positivo alla variante inglese. Numeri analoghi sono stati accertati in Toscana.

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