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Britney Spears, il devastante documentario sulla sua vita: da feticcio erotico lolitesco a prigioniera della sua famiglia

di Davide Turrini

Si intitola Framing Britney Spears e sta facendo discutere il mondo intero. #FreeBritney again, insomma. Il documentario creato da un team di lavoro del New York Times, e diretto da Samantha Stark, torna sul luogo del delitto e ne sottolinea nuovamente il possibile movente: la Spears, oggi 39enne, ancora sotto tutela giuridica del padre, è stata usata a scopi commerciali dall’industria che le si è creata attorno fin da Baby one more time nel 1999, cancellandone presente e futuro. Una narrazione – scrive ad esempio la NBC – “che si adattava agli scopi di questa industria mentre Britney veniva zittita”.

Il documentario, visibile negli Stati Uniti sui canali streaming a pagamento FX e Hulu, ha come riaperto un fiume di letture e controletture sul caso Spears che somiglia tanto a mille altri casi di “è nata una stella”, ma che poi deraglia tra misoginia generale e una sorta di sadismo familiare tutto peculiare. Su Esquire viene sottolineato un frame del passato della Spears che riaffiora nel documentario, con Britney decenne alla finale del baby talent Star Search, con il conduttore 70enne Ed McMahon che a fine esibizione le chiede se ha un fidanzato e lei risponde di no, “perché tutti gli uomini sono cattivi”. Per capire il fenomeno pop Britney bisogna risalire alle origini di questa devastante narrazione attorno al corpo della cantante, all’idea di donna bambina, a questo feticcio erotico lolitesco, che inizia ad invadere il pubblico americano attorno ai primi anni Novanta. Framing Britney Spears riporta alla luce proprio queste tracce del passato, tracce che si trasformano in lame che tagliano, fendono l’anima di una ragazza ascesa all’olimpo del successo planetario ancora bambina.

Frame numero due. Un intervistatore chiede alla teenager Britney: “Per molti sei una contraddizione vivente: da un lato sei un tipo dolce, innocente, verginale. Dall’altro, sei una vampira sexy vestita sempre in biancheria intima”. Frame numero tre. Un intervistatore maschio non identificato dice alla Spears: “Tutti ne parlano”. “Parlare di cosa?”, risponde lei. “I tuoi seni”, dice lui timidamente. La Spears cerca di riderci sopra ed evitare la domanda, ma lui continua: “Sembri diventare furiosa quando un presentatore di talk show si presenta con questo argomento”. Insomma, difficile crescere in maniera equilibrata quando attorno il mondo reclama l’ologramma creato a tavolino per fare miliardi. Eccola la contraddizione ulteriore che il documentario mette in luce: Spears non è stata in grado di gestire la propria immagine in autonomia, in maniera indipendente rispetto all’aura paterna e all’entourage creatosi attorno a lei. Roba che le scelte del “colonnello” per Elvis sono bazzecole. “È stata incastrata”, scrive la NBC nella sua recensione online al documentario. “Incorniciata come una persona intrappolata in una fotografia. Incorniciata e come punita per qualcosa che non ha fatto. Parte del modo in cui la Spears è stata trasformata in un oggetto deriva da una tutela sotto la quale è stata affidata nel 2008 e che continua a dare a suo padre il controllo sulle sue finanze e su altre parti della sua vita, una tutela che questo documentario esamina attentamente”.

Insomma siamo dalle parti di un’ “oppressione di sistema, un meccanismo continuo e globalizzante inteso a proteggere la Spears da se stessa ma in realtà utilizzato per controllarla”. Ecco allora che tutta la vita privata della cantante è diventata una doppia realtà fittizia, macigno di Sisifo impossibile da cancellare. Framing Britney Spears riporta alla luce anche un terrificante quiz a premi. Giusto per capire come quell’icona è stata schiacciata dal sistema che avrebbe dovuto darle la fama, ma che l’ha legata ad una catena impossibile da spezzare. “Dai un nome a qualcosa che Britney Spears ha perso”, gracchia il conduttore del popolare programma tv Family Feud, John O’Hurley. I concorrenti che fanno a gara per schiacciare il pulsante e rispondere gridando: “Suo marito!”, dice uno; “I suoi capelli!” esclama l’altro, tra il tripudio del pubblico in sala e il cartellone che si illumina di risposte esatte. Infine O’Hurley si avvicina alla squadra del secondo concorrente per chiedere un altro esempio di ciò che Britney Spears ha perso e decidere il vincitore. La risposta che danno è: “La sua sanità mentale!”. Insomma la vita della Spears è uno scherzo da prima serata. La sofferenza di una donna diventa divertimento. L’attesa per vedere il documentario della Stark in Italia a questo punto è davvero parecchia.

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