Cinema

Golden Globes 2021, “La vita davanti a sé” con Sophia Loren candidato come miglior film straniero: tolti i buoni sentimenti, resta ben poco

Il film, diretto dal secondogenito dell’attrice, Edoardo Ponti, e visibile su Netflix dallo scorso novembre, se la vedrà con agguerriti competitors, a partire dal già pluripremiato Another Round del danese Thomas Vinterberg

di Anna Maria Pasetti

Sorpresa delle sorprese. Ma forse neanche troppo a giudicare dalla popolarità di Sophia Loren a Hollywood, la cui Foreign Press Association che attribuisce i Golden Globes ha scelto di inserire La vita davanti a sé da lei interpretato nella cinquina dei candidati stranieri. Il film, diretto dal secondogenito dell’attrice, Edoardo Ponti, e visibile su Netflix dallo scorso novembre, se la vedrà con agguerriti competitors, a partire dal già pluripremiato Another Round del danese Thomas Vinterberg. Nella notte che premierà i 78° Golden Globes, tra il 28 febbraio e il 1° marzo, si avrà dunque un film italiano a concorrere tra coloro che sono considerate le migliori opere non in lingua inglese in circolazione. Ma se è vero che i Globes sono l’antipasto degli Oscar con la maggioranza delle nomination dei film stranieri che tendono a coincidere, diventa immediata la reazione davanti alla “discrepanza” fra il prescelto rappresentante italiano per gli Oscar (Notturno di Gianfranco Rosi) e quello che la FPA ha deciso di candidare ai Golden Globes. Si tratta, sondando a braccio la memoria, di una situazione pressoché inedita e condita da un pizzico di curiosità.

Si è già letto che “Notturno non poteva rientrare tra le nomination dei Globes perché non sono contemplati i documentari”: ma al di là dell’accesa critica per l’inesistenza di una categoria per il cosiddetto “cinema del reale” che sarebbe da colmare (ma questa è un’altra storia), ci si domanda se la commissione dell’ANICA preposta a deliberare sul titolo italiano da proporre all’Academy non abbia mai ragionato sull’eventualità che La vita davanti a sé potesse avere più chance a raccogliere una candidatura agli Oscar che non Notturno, una riflessione quella appena fatta che prescinde dalla qualità dei due titoli in questione. Questo, chiaramente, lo sapremo solo il 16 marzo quando saranno ufficializzate le nomination dei prossimi Oscar.

Lasciando quindi tali suggestive supposizioni al senno di poi, va sottolineato che il film di Ponti non si è accontentato di vedersi tra i Fab Five stranieri, ma gode anche della canzone Io sì (Seen) scritta e cantata da Laura Pausini inserita nella cinquina delle “best songs”.

Entrando nel merito del fortunato prescelto, si tratta del secondo adattamento dell’omonimo romanzo del francese Romain Gary del 1975: di ambientazione barese, racconta l’inconsueta amicizia tra l’anziana Madame Rosa (Sophia Loren) e un ragazzino di origini senegalesi di nome Momò (l’esordiente assoluto Ibrahima Gueye) che le è stato affidato temporaneamente dall’amico, il dr Cohen (Renato Carpentieri). Un rapporto fra sofferenze passate in epoche diverse (lei è un’ebrea sopravvissuta ad Auschwitz, lui un vivacissimo orfano che vive per strada) che trova sostanza salvifica per entrambi. Attorno a loro un’umanità emarginata dalla società “che conta”: la vicina di casa transessuale spagnola (Abril Zamora), l’amico iraniano vedovo e solitario che impagina libri e tesse tappeti (Babak Karimi), lo spacciatore che adesca Momò (Massimiliano Rossi), i bambini abbandonati ospiti sia da Cohen che da Rosa. Incrociando storie private siffatte sullo sfondo contemporaneo, Ponti fa uso abbondante del politically correct non scevro da luoghi comuni e parecchi cliché in un linguaggio filmico assai basic. Ci si emoziona di buoni sentimenti, ed è naturale che accada essendo questa la funzione primaria dell’opera in esame, e si apprezza la profondità interpretativa dell’eterna Sophia Loren, ma al di là di questo, purtroppo, c’è ben poco da aggiungere.

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