di Riccardo Mastrorillo

La spiegazione è sempre quella più semplice e cerchiamo di comprendere la semplicità del piccolo Matteo Renzi, che si sente un grande genio della politica, quando in realtà il suo comportamento denota solo una ingenuità estrema.

Il povero Matteo ha da più di un anno un grosso cruccio: al momento della sua scissione dal partito democratico, le ministre Bellanova e Bonetti e il sottosegretario Scalfarotto lo hanno coraggiosamente seguito, nell’ingenua convinzione che Italia Viva sarebbe stata la grande promessa della politica italiana. Non li aveva scelti lui, o comunque non li aveva imposti in una trattativa politica, quale leader di un partito di maggioranza: li aveva semplicemente “ereditati” dal Partito democratico. La sua nuova creatura aveva però bisogno che al governo ci fossero delle figure forti, trascinanti, magari abili a utilizzare il loro ruolo di governo per propagandare Italia Viva, alle elezioni. La ministra Bellanova ha presenziato a un impegno elettorale importante, per sostenere la candidatura a presidente della Puglia del sottosegretario Scalfarotto. Si sa che un sottosegretario agli Affari Esteri non ha grande visibilità, soprattutto se privo di deleghe da parte del ministro. Sappiamo bene come si concluse quell’evento: con la povera ministra che esortava i partecipanti a votare… Emiliano… poi, avvisata tra le risate generali, aveva corretto il suo invito verso Scalfarotto, che ha potuto infatti raccogliere un sorprendente risultato elettorale: 1,6%.

Serviva come l’aria rimpiazzare le due ministre con due figure più efficaci sul piano della propaganda, ma mica si poteva semplicemente farle dimettere e sostituirle nel medesimo dicastero, e se si fossero rifiutate? E cosa avrebbe pensato la gente? Meglio chiedere un semplice rimpasto, mascherandolo magari dietro a qualche importante questione politica, del resto, in piena pandemia e con la peggior crisi economica della storia italiana, era semplice trovare qualche cosa di cui lamentarsi, ed ecco spiegato il pressing su Conte, che non capendo quale fosse la reale necessità di Renzi, non ha saputo dare risposta alla semplice richiesta di Italia viva.

Strada facendo, però Renzi si è distratto, sostenuto e incalzato da un folto gruppo di benpensanti, esponenti del ceto produttivo (ammesso che esista nel nostro paese un ceto produttivo) e di quella stampa a loro asservita, ha pensato di poter ripetere il successo dell’agosto 2019, promuovendo la nascita di un nuovo governo, guidato da una figura forte, allargando la maggioranza ad esponenti della destra, stanchi di essere succubi delle follie nazionaliste e demagogiche dell’altro Matteo. Così un’esigenza semplice si è trasformata nella più incauta delle crisi di governo. Non sappiamo come finirà la crisi, ma siamo convinti che questa semplice spiegazione possa essere più vicina alla realtà di tante inutili ricostruzioni finora fatte.

L’Arabia Saudita è una nazione importante, è, però, una nazione governata da una monarchia assoluta, teocratica e reazionaria. Siamo felici che il senatore Matteo Renzi voglia impegnarsi, in prima persona, ad aiutare il futuro sovrano arabo bin Salman affinché l’Arabia possa finalmente vivere quel “nuovo rinascimento”, di cui ha parlato. Ora, anche in questo caso, pensiamo che il pensiero di Matteo sia semplice: l’Arabia sarebbe in ritardo rispetto all’Italia di oltre 700 anni, e considerando l’arretratezza dell’Italia in riferimento alla democrazia e ai diritti civili, ci pare veramente che ci sia poco da essere entusiasti. Ma Renzi non doveva dimenticare di essere un politico, per cui il suo altruistico e internazionalista apporto all’emancipazione dell’Arabia Saudita, non poteva ridursi ad un semplice contratto di consulenza.

Avremmo apprezzato sinceramente l’impegno di Matteo, se fosse stato gratuito. Non possiamo ignorare che appaiono, senza ombra di dubbio, semplici profili di conflitto di interesse: un senatore in carica non può essere il consulente del sovrano di uno Stato estero; questo principio non avrebbe nemmeno bisogno di essere normato, perché è assolutamente intuitivo, anche per una mente semplice, come quella dell’ingenuo Matteo. Per non parlare del fatto che Renzi è componente della Commissione difesa del Senato, oltre che leader di un partito politico.

Poco più di un anno fa il responsabile per gli Affari europei nel gabinetto del primo ministro francese, Sandro Gozi, ex sottosegretario nel governo Renzi, per molto meno fu costretto a dimettersi: era stato consulente per il governo di Malta. Anche nel suo caso non vi era alcuna norma che stabiliva giuridicamente l’incompatibilità, infatti non ha subito alcuna accusa formale. Ci sorgono due semplici domande: è forse arrivato il momento di stabilire, per legge, che un Parlamentare non può intrattenere rapporti economici con soggetti di nazionalità straniera, o quantomeno fuori dall’Unione Europea? Forse, più che occuparsi degli emolumenti o del numero dei parlamentari, non sarebbe ora di fare una seria legge sulle incompatibilità e sul conflitto di interesse?

Clicca qui per scaricare gratis la rivista

Articolo Precedente

Covid, Galli a La7 su medico no-vax invitato da Giletti: “Dando visibilità a certe posizioni si fa un gran servizio alla confusione e alla negatività”

next