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La Cassazione ha annullato il risarcimento per ingiusta detenzione di Bruno Contrada

Ora la Corte di Appello, che lo scorso aprile aveva accolto la richiesta dell'ex funzionario del Sisde, dovrà riesaminare la sua decisione che aveva portato a stabilire un risarcimento da 667mila euro
La Cassazione ha annullato il risarcimento per ingiusta detenzione di Bruno Contrada
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Il risarcimento da 667mila euro per ingiusta detenzione stabilito per Bruno Contrada è stato annullato dalla Cassazione su richiesta della procura di Palermo. Ora la Corte di Appello, che lo scorso 6 aprile aveva accolto la richiesta dell’ex funzionario del Sisde, dovrà riesaminare la sua decisione. Del caso Contrada, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa a 10 anni di carcere, la Cassazione si è più volte occupata.

Nel 2017 ha in qualche modo ridimensionato la portata del verdetto della Corte europea dei diritti dell’uomo, che nel 2015 condannò l’Italia a risarcirlo perché non andava processato né condannato in quanto il reato di concorso esterno in associazione mafiosa era stato tipizzato e aveva assunto una dimensione chiara e precisa solo nel 1994. Mentre Contrada era finito davanti ai giudici per fatti precedenti a quella data. Anche Strasburgo, tuttavia, non ha mai messo in discussione i fatti contestati all’ex funzionario del Sisde.

I giudici di Cassazione spiegarono che “non vi è in effetti alcuno spazio per revocare il giudicato di condanna presupposto, la cui eliminazione non è richiesta, né direttamente né indirettamente, dalla Corte europea dei diritti umani, come è desumibile, oltre che dall’assenza di riferimenti testuali a una tale possibilità, dalle statuizioni relative al rigetto della domanda di equa soddisfazione”.

Affrontando la vicenda giudiziaria di Contrada, la Corte di Strasburgo – ricordava il verdetto dei supremi giudici italiani – ha stabilito che l’ex poliziotto, accusato di aver fatto favori a Cosa Nostra avvertendo i boss di retate e appostamenti, è stato imputato di un reato la cui “evoluzione giurisprudenziale, iniziata verso la fine degli anni Ottanta e consolidatasi nel 1994, non ha consentito a Contrada di avere “sufficientemente chiaro e prevedibile” il reato di concorso esterno perché i fatti commessi, per i quali è stato condannato in via definitiva, vanno dal 1979 al 1988.

“Aspettiamo di leggere le motivazioni per un esame più approfondito, ma è evidente fin d’ora che la Corte di legittimità non ha dato esecuzione alla sentenza di Strasburgo, secondo cui Bruno Contrada non andava né processato, né condannato”, dice l’avvocato Stefano Giordano, legale di Contrada. “Ora la palla passa nuovamente alla Corte d’Appello palermitana. Ma – comunque andrà a finire la vicenda – è probabile che il dottor Contrada non vedrà mai un centesimo di quanto gli spetta, considerate la sua età e le sue condizioni di salute e la lunghezza dei tempi processuali”.

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