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Cinture di castità elettroniche hackerate per chiedere un riscatto: “Il tuo c***o è mio”

Il giocattolo sessuale presentava alcune vulnerabilità nella sua interfaccia di connessione alla rete che sono state sfruttate dai ricattatori. Gli utenti perdevano completamente il controllo della cintura, impossibile da sbloccare. Un monito per l'utilizzo di qualsiasi dispositivo connesso al web

di F. Q.

Viviamo tempi decisamente interessanti e particolari. Internet, con le sue meraviglie e i suoi pericoli è ovunque, ci diciamo. Ma probabilmente non ci rendiamo del tutto conto di cosa questo significhi. Se ne sono bruscamente accorti diversi utilizzatori di cinture di castità comandate da remoto. Un giocattolo sessuale che viene utilizzato solitamente nelle comunità BDSM. In sostanza la “gabbia” blocca l’organo genitale maschile finché il partner non decide di “liberarlo” attraverso un comando inviato attraverso la rete. Ma tutto ciò che è connesso, è potenzialmente vulnerabile a intrusioni. E così è stato. Un hacker ha preso il controllo delle cinture di castità e ha preteso un riscatto in bitcoin per “liberare” i malcapitati. La cifra richiesta era l’equivalente di 750 dollari, al cambio attuale. Insieme alla domanda si soldi, chi indossava la cintura, si è visto recapitare il messaggio “Your Cock is mine”, la cui traduzione lasciamo ai lettori

“Avevo perso il controllo del dispositivo che non potevo più sbloccare, ho ricevuto un messaggio dall’hacker che diceva di avere lui il controllo e mi diceva di volere dei soldi per liberarmi“, ha confermato un utilizzatore della cintura parlando con la rivista specializzata nell’universo internet Motherboard. L’intrusione è stata confermata da ricercatori specializzati nella sicurezza internet. Il sistema aveva lasciato esposta una “Api”(Application programming interface, in pratica la “porta” attraverso cui un dispositivo si collega ad internet) e i cyber criminali ne hanno approfittato. La società cinese Cellmate, che produce le cinture di castità ha rifiutato di commentare.

Al di là degli aspetti più boccacceschi della vicenda, il caso è un monito per l’utilizzo di qualsiasi oggetto collegato ad internet. Il cosiddetto “internet of things”, il web delle cose, è un mondo dove i rischi si moltiplicano e pertanto le pratiche di sicurezza devono essere estremamente accurate. Come ha spiega a “Vice” l’esperto di cybersicurezza Alex Lomas, che ha esaminato il dispositivo hackerato, “Qualsiasi dispositivo o azienda è destinata ad incontrare qualche problema di vulnerabilità nel corso della sua vita, è quindi importante che ogni aziende sia in grado di ricorrere velocemente a procedure di emergenza e contattare società che si occupano di sicurezza”.

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