Tra le molte cose delle quali ci ha privato la seconda ondata della pandemia, c’è anche la possibilità di organizzare una presentazione degli scritti in onore di Antonio Giuliano, scomparso il 16 giugno 2018. Sarebbe stata l’occasione per celebrare uno dei più grandi antichisti della seconda metà del Novecento e di almeno il primo decennio del secolo successivo. Sarebbe stato il pretesto per ricordare uno studioso dalla curiosità incontrollata. Un gigante vissuto in una età d’oro per la ricerca e l’università. Ma capace di distinguersi. Anche per sua genialità. In ogni caso, un signore e non solo per la sua abitudine a dare del Lei a tutti.

Così, mancando, almeno finora, l’eventualità di un incontro pubblico, non rimane che scriverne. Con la speranza che non si perda l’ennesima occasione per sottolinearne la centralità nella cultura italiana.

Il volume Antonio Giuliano. Mondi a confronto pubblicato da De Luca Editori d’arte deve molto a Giulia Fusconi che ne ha promosso con ostinazione l’idea e “ha collaborato alla revisione della sua redazione”. Determinante la rigorosa revisione dei testi e le appassionate ricerche iconografiche di Elena Ghisellini, Lucilla De Lachernal e Giulia Rocco. La qualità finale del lavoro è il giusto riconoscimento di ex allieve divenute ormai apprezzate archeologhe al loro antico maestro.

La scelta dei contributi da inserire nel volume non è stata agevole. “La sua produzione scientifica è ingente e affronta una vasta gamma di tematiche, non di rado a carattere pioneristico, ma sempre con una chiarezza di vedute che sorprende, oggi come allora: l’arte antica nelle sue molteplici manifestazioni… e nelle diverse fasi cronologiche; la continuità del mondo classico nel patrimonio figurativo medievale e moderno, indagata attraverso l’edizione di monumenti, codici, e documenti spesso inediti; il rapporto con l’antico di celebri artisti… Si è occupato inoltre di aspetti della storia della cultura…”.

Nella nota biografica che precede la bibliografia, è ben sintetizzata la molteplicità di interessi che Giuliano ha coltivato. Sempre. Con indomita passione. Facendo in modo che dalla serietà dello studioso non fosse mai disgiunta l’umanità della persona. Il procedere nelle pagine del volume diventa così un viaggio scandito da tre sezioni. Dall’Arte antica, la più corposa, a Giacomo Leopardi e la Restaurazione, attraverso la Fortuna dell’antico dal medioevo all’età moderna.

Un viaggio che si apre con i “Due ritratti di Alessandro Severo nel Museo Lateranense” pubblicato nel 1951 e termina con “Mantegna e l’antico”, del 2010. In itinere, tante scoperte, tra molte riscoperte. Dai Musei Vaticani al Museo dell’Acropoli. Dal Museo di Reggio Calabria a quello di Olimpia. Dal Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo al Museo del Louvre. Dal Museo Archeologico Regionale ibleo di Ragusa al Museo di Aphrodisias. E ancora da molti altri Musei, magazzini compresi. Poi Biblioteche ed Archivi. Naturalmente, Collezioni private. Una ricerca incessante, tradotta in contributi, in tanti casi definitivi nei risultati.

Eppure Giuliano utilizzava frequentemente il condizionale, il modo della possibilità. Ricorreva al “forse” per attenuare le sue asserzioni. Non pretendeva che si accettassero le sue ipotesi: attendeva che gliene venisse riconosciuta l’esattezza. Anche dal prosieguo degli studi. I suoi contributi, anche quelli più datati, rifulgono indubitabilmente. Potendo contare, senza eccezioni, su un apparato di immagini di grande qualità. Che ha sempre considerato essenziali. Fino ad essere imprescindibili. Per questo motivo Angela Gallottini si è assunto l’onore di reperire nell’Archivio Giuliano conservato presso l’Accademia Nazionale dei Lincei le foto originali dei diversi contributi inseriti nel volume.

“Ho studiato tutto quanto era possibile … ho sempre cercato di non limitarmi alla specializzazione … di dilatare gli interessi …”, ha spiegato Giuliano a Francesco Solinas in una delle conversazioni confluite in un libro, pubblicato nel 2014. Ecco, questo è uno dei punti fondamentali per provare a capire cosa abbia incarnato Giuliano. Il suo più che riuscito tentativo di soffermarsi sui temi prescelti. Di scriverne e parlarne, ricorrendo ad un sapere necessariamente specialistico. Ma facendo ben attenzione a non limitarsi ad un ristretto ambito di ricerca. A non circoscrivere i suoi interessi. Come frequentemente si riscontra in tanti studiosi anche di discipline afferenti all’ambito delle scienze antichistiche. Ma piuttosto ad estenderli.

“Sono sempre stato impegnato, ottusamente. Ho l’impressione di essere andato avanti troppo velocemente, come un proiettile … il lavoro è sempre stato un rifugio, ma la mia intima natura è sempre rimasta insoddisfatta”, ha confessato, ancora a Solinas, Giuliano. Che non amava farsi sconti. Regalarsi indulgenze. Serio prima di tutto con se stesso. Forse anche per questo è incontrovertibile che sia stato “uno dei grandi protagonisti della cultura italiana del Novecento”, come scrivono nella Premessa al volume Ghisellini, de Lachernal e Rocco. Un protagonista, indubitabilmente. Anche facendo parte di Commissioni, Comitati e Consigli scientifici. Da membro del Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione negli anni 1973-1976. Ruolo che ha nobilitato promuovendo l’istituzione del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali.

Il volume è un doveroso riconoscimento, seppure postumo. Almeno da parte di un settore della comunità scientifica. Nella speranza, però, che anche le istituzioni possano rendere i giusti onori ad Antonio Giuliano. Che merita molta più attenzione.

In mancanza di celebrazioni ufficiali, vale la pena parafrasare la definizione che Giulio Quirino Giglioli fece di Rodolfo Lanciani in occasione della sua commemorazione nella Facoltà di Lettere il 31 maggio 1929. “Fu ventura per i nostri studi che in questo periodo così importante per l’archeologia sia vissuto un uomo dell’ingegno, della cultura, dell’operosità di Antonio Giuliano, che ad essa dedicò tutte le sue forze e tutto il suo entusiasmo, giungendo a risultati che non morranno, che gli assicurarono in vita una fama mondiale e una reputazione di vero principe di questa disciplina e che rendono sicuri che le sue ricerche saranno consultate e tenute in gran conto da chiunque, anche nel futuro si occuperà storia della nostra civiltà”. Nella realtà Giuliano è stato tutto questo. Anche di più.

Insomma, “Lui, da solo, era tutta intera una Accademia”, ne avrebbe potuto dire Ludwig Curtius, il celebre archeologo tedesco, Direttore dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma tra il 1928 il 1937.

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