Le democrazie sono quelle società dove è possibile un dibattito pubblico. Solo se si può discutere e argomentare, ricorda Jürgen Habermas, si può parlare di democrazia. Altrimenti sono altre le istituzioni che prendono spazio, non meglio definite e definibili e proprio per questo pericolose. La fissazione maniacale con cui la maggior parte dei media sacrifica le notizie all’informazione sulla pandemia sta producendo qualcosa di inedito almeno per proporzioni nelle società occidentali. Sembra che l’unico argomento degno di essere dato in pasto alle folle sia la diffusione del contagio.

In Italia i numeri, impietosi, parlano di un virus che fa il suo mestiere di predatore. A essere colpiti sono i soggetti più deboli, gli anziani, i malati, gli individui con più patologie. Forse interrogarsi su che possibilità ha di reggere una società che tra pochi anni arriverà a essere composta da un terzo di anziani con reti famigliari sempre più fragili e precarie sarebbe un tema da affrontare nella definizione dei programmi da finanziare con il Recovery Fund. Ma che la decadenza del paese non sia tema che porta consensi è ormai chiaro da molto tempo e la classe politica al potere non si differenzia di molto rispetto a quelle che la hanno preceduta.

Anche il degrado progressivo del sistema sanitario afflitto dall’assalto alla diligenza di intermediatori di ogni tipo a cui si assiste quotidianamente passa sui media il tempo di un attimo. Non sia mai che la contabilità quotidiana dei decessi perda la pagina di apertura dei media serali e che l’emotività dell’opinione pubblica non sia nutrita dai volenterosi e zelanti addetti all’informazione.

Eppure qualcuno dovrebbe accorgersi che una via di uscita da questo labirinto non può che passare attraverso un recupero del dibattito democratico. Nei giorni scorso il dottor Andrea Crisanti è stato messo alla gogna da collegi, giornalisti, politici e cittadini di ogni ordine e grado per avere semplicemente detto che prima di assumere un vaccino di cui è stata dichiarata dal produttore una efficacia del 90% nella fase 3 di sperimentazione è necessario disporre di dati attendibili.

Non ha ricordato come la Pfizer abbia subito processi e pagato indennizzi miliardari per avere in passato prodotto e venduto farmaci per usi non approvati e per avere corrotto medici al fine di aumentare indebitamente a dismisura i propri profitti. Semplicemente ha ribadito un principio base di quella scientificità che tutti reclamano debba essere il faro per uscire dall’inferno.

La risposta del ministro Speranza è stata l’annuncio di una campagna di vaccinazione senza precedenti. La corsa all’acquisto dei vaccini è partita e si parla già dell’ipotesi di obbligatorietà per fasce di età. Dopo mesi di addestramento mediatico e di sfinimento psicologico, l’opinione pubblica non sembra avere colto la gravità dei fatti.

Vaccinare milioni di individui con un prodotto che ha superato tutti i record di velocità e le raccomandazioni di durata dei test sui vaccini è opera ardita. Forse non c’è veramente altra strada. Ma che la politica, gli organismi scientifici preposti alla salvaguardia della salute, e l’intero circo Barnum dell’informazione siano arrivati al punto di mettere alla gogna qualsiasi posizione che ricerca argomentazioni su decisioni che stanno avendo e potranno avere un impatto epocale sulla nostra società è sintomo di uno svuotamento drammatico dello spirito della polis.

Per settimane virologi e medici di ogni ordine e grado hanno potuto dire di tutto e il contrario di tutto sulla diffusione e la pericolosità del virus. Addirittura, i più famosi sono andati sulle prime pagine dei media, rassicurando l’opinione pubblica sulla avvenuta morte clinica del virus subito dopo l’estate. Invece di essere indagati per circonvenzione di incapaci, continuano a rilasciare interviste e nei casi più paradossali ottengono nomine e incarichi pubblici nella gestione della pandemia.

Chi invece chiede di mantenere il dibattito e le decisioni in un perimetro di dibattito democratico viene stigmatizzato e persino irriso. A volte si usa il termina negazionista per fiaccare la resistenza di chi non è convinto che stia andando tutto bene e che pensa che la gestione della pandemia stia diventando lo specchio di un paese spaventato, disorganizzato, in cui imperversa il malaffare e guidato da un ceto politico inadatto all’immane compito che la storia gli ha parato davanti.

Non è facile andare controcorrente quando regna la paura e lo scoramento. Quello che dovrebbe essere ribadito con forza è però che non è una fatalità a avere portato alla situazione attuale e che ogni decisione che riguarda la collettività deve essere trasparente e argomentata perché ne va della saldezza delle istituzioni e alla fine della stessa anima della democrazia.

Addestrare l’opinione pubblica al pensiero unico è da sempre l’anticamera delle dittature. Non consentire il dissenso argomentato è pericolo oggi purtroppo assai peggiore della diffusione del virus. Il principio protettore, scriveva Theodor Adorno nei Minima Moralia, è conservato solo nel suo opposto: dare voce a chi chiede, a chi pone domande, a chi ha bisogno di spiegazioni.

Articolo Precedente

Facebook contro la disinformazione: ora un punteggio segreto misura la qualità dei media

next
Articolo Successivo

“Ilaria Alpi. Armi e veleni, le verità nascoste”, in edicola la graphic novel sulla giornalista uccisa a Mogadiscio: “La sua morte riguarda tutti noi”

next