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Esternalizzazioni in arrivo: mi chiedo come possiamo ancora confondere merci e lavoratori

Esternalizzazioni in arrivo: mi chiedo come possiamo ancora confondere merci e lavoratori
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Banche, grande distribuzione organizzata, telecomunicazioni, le grandi aziende si preparano ad attuare ingenti piani di esternalizzazione per migliaia di lavoratori.

Intesa San Paolo dichiara una mega cessione di ben 5107 persone, segue la cessione di E-distribuzione del gruppo Enel, contro cui hanno protestato ben 1200 lavoratori toscani, ma anche la cessione di Tim di alcune attività IT che coinvolge quasi 700 lavoratori.

Numeri che fanno certamente riflettere, specie se si considera che in Italia un numero via via crescente di lavoratori fa causa contro le cessioni di ramo d’azienda, con una enorme elaborazione giurisprudenziale che ha fissato dei paletti importanti per identificare le vere cessioni dalle operazioni illegittime di espulsione del personale.

Le esternalizzazioni sono da sempre state una importante valvola di sfogo per le imprese intenzionate a ridurre il personale, o meglio i costi del personale. In effetti è molto più facile contrattare il costo di un servizio (quello prodotto dal ramo ceduto) con un fornitore esterno (la società che acquisisce i lavoratori che poi fornisce il servizio alla cedente con l’appalto) che avendo i lavoratori al proprio interno. Il problema è che spesso il costo da tagliare è quello del lavoro. Meglio farlo all’esterno che all’interno, insomma.

Ora, se consideriamo il blocco dei licenziamenti, non è difficile ipotizzare che ciò si possa tradurre in un incentivo per le imprese a ricorrere allo strumento delle esternalizzazioni. In effetti, da un po’ di tempo non si facevano cessioni così grandi. Recentissimo il caso dei lavoratori Pininfarina, ceduti nel 2018 ad una newco del gruppo adesso in liquidazione.

Anche se merita approfondimenti di cui discuterò presto, da non trascurare l’indiscrezione sulla scissione mediante conferimento di ramo d’azienda di crediti deteriorati dal Mps ad Amco. Naturalmente qualche lavoratore Mps con cui sono in contatto si è preoccupato, perché quando si discute di cessione di ramo d’azienda non si può escludere che in concreto si tratti di attività che coinvolgono dipendenti (quali? quanti?).

Da più di dieci anni seguo da vicino il fenomeno, e mi chiedo come siamo potuti arrivare nel 2020 in questo modo, con i lavoratori che, non trascuriamolo, possono essere ceduti senza il loro consenso come una qualunque merce di scambio.

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