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Ludopatia, l’esempio di Tito (Potenza): niente tassa sui rifiuti per i locali che elimineranno le slot machine

Il paese di 7.500 abitanti ha fatto registrare nel 2018 circa 8 milioni e mezzo spesi in gioco d'azzardo. Un record per la Basilicata. Da qui la delibera di giunta. Il sindaco: "La detassazione è uno dei pochi strumenti che noi Comuni abbiamo"
Ludopatia, l’esempio di Tito (Potenza): niente tassa sui rifiuti per i locali che elimineranno le slot machine
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Una cittadina di 7.500 abitanti e circa 8 milioni e mezzo spesi in slot machine nel 2018. I dati li ha diffusi l’Agenzia delle dogane e dei Monopoli e riguardano la popolazione di Tito, in provincia di Potenza. “Siamo uno dei comuni lucani dove si gioca di più. In media parliamo di circa mille euro a persona, che in un anno diventano 10mila”, spiega il sindaco Graziano Scavone. É per questo motivo che l’amministrazione comunale ha deciso di muoversi per contrastare la ludopatia, e lo ha fatto premendo un tasto sempre sensibile: l’esenzione dalle tasse.

I locali che sceglieranno di dismettere le slot machine presenti nei loro esercizi, infatti, non dovranno pagare la tassa sui rifiuti già dal 2020. Questo è il contenuto della delibera approvata all’unanimità nei giorni scorsi. “Dovranno far rimuovere fisicamente gli apparecchi e poi comunicare che rinunciano all’autorizzazione concessa per gli stessi”, continua il primo cittadino. L’impatto sul bilancio comunale c’è, ma, dice Scavone, bisogna accettarlo se si vuole risolvere questo problema. Spesso affidato alla sensibilità dei singoli: “Mi è capitato di incontrare gestori che spontaneamente hanno deciso di non inserire slot nelle proprie attività, perché non vogliono lucrare sulla disperazione della gente”, spiega il primo cittadino. A parte la buona coscienza di alcuni però, mancano vie di fuga: “La detassazione è uno dei pochi strumenti che noi Comuni abbiamo per cercare di contrastare la ludopatia. Non possiamo intervenire a livello legislativo e dobbiamo attenerci alle norme che vengono dall’alto”.

Un primo passo che apre un percorso: “Stiamo cercando di lavorare con le associazioni attive sul territorio, in particolare Famiglie Fuori-Gioco, per incoraggiare sensibilizzazione e forme di aiuto. Anche e soprattutto psicologico, rivolto alle famiglie di chi cade in queste trappole. Spesso vittime inascoltate del meccanismo. Speriamo inoltre che il tema ottenga l’attenzione del Governo, perché va gestito a livello complessivo”. In Italia, fra gli 8 e i 10 milioni di persone giocano d’azzardo. Fra queste 1 milione e 300mila sono malati di ludopatia, cioè hanno una diagnosi di dipendenza patologica. Lo dicono i dati raccolti dall’Osservatorio nazionale sul gioco d’azzardo patologico presentati nel 2019 al Parlamento. Durante il lockdown, con le sale giochi chiuse, è aumentato il disagio psicologico di chi si è trovato nell’impossibilità di accedere alle slot machine. L’Istituto Superiore di Sanità ha infatti riscontrato un significativo aumento di chiamate al Telefono Verde Nazionale per le problematiche legate al Gioco d’Azzardo (TVNGA), linea gratuita che offre supporto a chi soffre di dipendenza e cerca di creare una rete territoriale di assistenza.

Difficile pensare a una strategia sistemica che argini il fenomeno. Rimuovere le slot è una via, ma non è e non potrà essere l’unica: “C’è chi continua a giocare su Internet, perdendo soldi su soldi”, continua Scavone. “Forse andrebbe studiata meglio la proposta di introdurre dei casinò regionali, regolamentati e controllati anche in base all’ISEE. In questo modo, le spese sarebbero comunque ridotte. Ma la mia è solo un’idea, le possibili soluzioni andrebbero studiate con attenzione“.

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