Più soldi per i soci e i padroni, meno sicurezza per gli utenti di Autostrade che si trovassero su un ponte oppure stessero attraversando una galleria. “Le manutenzioni le abbiamo fatte in calare, più passava il tempo meno facevamo … cosi distribuiamo più utili … e Gilberto e tutta la famiglia erano contenti“. A parlare, intercettato, è Gianni Mion, amministratore delegato di Edizione Holding, che controlla Atlantia la quale a sua volta controlla Autostrade per l’Italia, e la famiglia di cui parla naturalmente è quella dei Benetton e Gilberto è l’imprenditore scomparso il 22 ottobre del 2018.

È il 2 febbraio 2020 e il top manager discute con Giorgio Brunetti, professore veneziano emerito della Bocconi. Da settimane si parla della revoca della concessione con il governo pronto ad andare avanti e i due, estranei all’inchiesta, discutono proprio della riduzione della manutenzione che ha permesso di distribuire più utili. Un dialogo tra i due che, nella sua semplicità, disegna quello che il giudice per le indagini preliminari di Genova, Paola Faggioni, definisce “un quadro desolante” e che ha portato a sei misure cautelari, tra cui gli arresti domiciliari per l’ex amministratore delegato di Aspi, Giovanni Castellucci. Perché da quella conversazione come dalle altre emerge “una politica imprenditoriale volta alla massimizzazione dei profitti derivanti dalla concessione con lo Stato mediante la riduzione e il ritardo delle spese necessarie per la manutenzione della rete autostradale affidata in concessione e a scapito della sicurezza pubblica. Dalle indagini è, infatti, emerso un quadro desolante in cui – afferma il gip – è emersa l’insicurezza della rete autostradale sia con riferimento ai viadotti sia con riferimento alle gallerie; sia con riferimento alle barriere cli contenimento, queste ultime oggetto del presente procedimento”. Barriere che era tenute insieme “con il Vinavil” come si sente dire in una intercettazione agli atti: una battuta che dà il senso della qualità delle manutenzioni.

Quella politica imprenditoriale descritta dal giudice ha visto Autostrade, tra 2009 e 2018, protagonista di un dimezzamento degli investimenti e un proporzionale aumento dei dividendi. Per cui dai soci sono stati intascati 6 miliardi e per la manutenzione ne sono stati destinati 4. Quella che è o era “l’elevata redditività di Aspi” è dipesa per il gip dalla “conseguente distribuzione di ingenti dividendi tra gli azionisti, derivata in parte da tale spregiudicata linea imprenditoriale improntata alla sistematica riduzione delle manutenzioni della rete autostradale“.

Come ben sa Mion che al professore, con cui nel 2007 ha scritto il libro Manager oggi, dice: “Mentre il management che si era impossessato della loro testa…” con l’altro che aggiunge: “Era già il 2007, ti ricordi sto discorso?. E Mion ricorda, perché anche se nel mezzo ci sono passati 12 anni replica: “Ti ricordi poi poi Castellucci allora diceva ‘facciamo noi’ e Gilberto eccitato perché lui lui guadagnava e suo fratello di più…“. I due discutono di quanto sia difficile gestire la società con le relative responsabilità. Brunetti sentenzia: “Quando hanno acquisito quella roba era una roba che loro non potevano neanche governare come concetto, non gestire ma governare, non avevano il fisico del governo giusto? E Mion concorda: “Chiaro. .. chiaro”. Per il professore è “pacifico che bisognava arrivare.. dicevi sempre.. un discorso di minoranza e di liquidabilità della quota. Lo so, è ben chiaro sto discorso qua, ben chiaro e non è mai stato recepito…”. E così il top manager aggiunge: “No ma perché, non ho trovato Gilberto… no no guarda la responsabilità…”. Brunetti cerca una spiegazione: “Si erano innamorati di sta roba senza sapere… I rischi che c’erano in sta roba… questo era il problema …”. Mion concorda e ammette: “Sì ma però poi il vero grande problema è che le manutenzioni le abbiamo fatte in calare, più passava il tempo meno facevamo … cosi distribuiamo più utili … e Gilberto e tutta la famiglia erano contenti …”.

Sempre Mion intercettato parla, a inizio gennaio, dell’ex ad Castellucci e di come stesse continuando in qualche modo a governare il processo aziendale “cercando anche di ‘seminare’ il concetto – si legge nell’ordinanza – secondo il quale Gilberto Benetton c il consiglio di Atlantia fossero” conoscenza delle omesse manutenzioni sulla rete. L’interlocutore è Carlo Bertazzo, numero uno di Atlantia. “.. No, ma è molto importante … vabbè adesso lui sta seminado sto concetto ma io non escludo perché sa … (incomprensibile) … lui può darsi che abbia detto tre ca…, tre o quattro cazzate e Gilberto chissà tosa cosa ha capito. No? Il nostro problema è l’incompetenza di Gilberto possiamo dirlo dirlo, no?…. perché questo qua avevo detto tre o quattro in un paio di co11sigli, tanto è vero che, ci sono stati anche degli articoli sui giornali che sono venuti fuori perché il Consiglio ha detto che bisognava spendere meno” e Bertazzi: “Sì me lo ricordo ancora sì”. E Mion conclude: .”..c’era Gamberale naturalmente subito i giornali, siccome, c’era il professore Valori …. che contestava un po’ la nomina di Gamberale et cetera … hanno cominciato a scrivere i Benetton non volevano fare la manutenzione“.

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