Incominciamo con un quiz. Preferite essere “tamponati” e vivere nell’attesa di una non-risposta, oppure dopo una fila estenuante di 4 ore mollare tutto, rinunciare al tampone lasciando lo schedario e la sera ricevere la telefonata dall’Asl che vi informa di essere positivi al virus cinese (io lo chiamo così)? A Napoli nei tempi bui della pandemia succede di tutto.

Parto dalla mia esperienza: per una partecipazione a un docu-reality girato a Napoli, la produzione milanese non si accontenta del mio scudo protettivo di anticorpi (il che vuol dire che tempo fa sono entrata in contatto, sintomi zero, con la “bestiaccia”).

Chiamo le varie strutture pubbliche e private (quelle poche alle quali Vincenzo De Luca ha concesso l’abilitazione a “tamponare”): impossibile prendere appuntamento. Ci pensa poi Fatma Ruffini, la potente lady della tivù italiana, a nome della sua società di produzione (le aziende come sapete hanno corsia preferenziale), a fissare un appuntamento all’alba di un mercoledì mattina.

Al Sdn-Synlab, istituto di diagnostica nucleare, regna un caos calmo, ma si ride quando mi chiedono di compilare il questionario della Regione Campania: asterisco alla voce dei vari sintomi: asintomatico, paucisintomantico (mai sentito questo termine in burocratese), lieve, severo, critico, deceduto. Nell’ultima delle ipotesi sarebbe il mio io “rincarnato” a mettere una seconda croce.

Sorrido al telefono con un’amica siciliana del formulario, simile e prestampato, della Regione Sicilia: nell’elencare i sintomi manca la parola deceduto. Dalle nostre parti una dose di buonumore si trova sempre. I vaccini anti-influenzale (anche per le categorie a rischio) invece no.

Comunque se vale la regola “nessuna notizia, buone notizie”, io dovrei essere negativa. E difatti dopo 56 ore arriva l’esito: Sars-Cov-2 non rilevato. Si ride, ma si dovrebbe piangere.

Apre alle 8 del mattino il Frullone, ex manicomio, oggi postazione dell’Asl Napoli 1 Centro, ma già all’alba la fila è chilometrica. C’è chi dorme in macchina, trascorrendo la notte al Frullone dove “frullano” tutto insieme: dpcm, prelievi e salive. Si arriva anche a 12 ore di attesa, qualcuno butta la battuta in verace dialetto: “Si avimm scansato ‘o covid fino a mo’ ce l’acchiappam ‘cca”. Altro che movida. Qui ’s’a balla la Covida! La battuta è chiara anche per un altoatesino.

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