Far scattare l’attività di impresa per chi affitta più di quattro case per brevi periodi, eliminando così il vantaggio fiscale della cedolare secca con aliquota al 21%. Era il paletto pensato dal governo per tutelare i centri storici delle città italiane. Che – al netto del Covid – con l’enorme aumento delle locazioni brevi destinate al turismo, soprattutto attraverso la piattaforma Airbnb, stanno diventando invivibili per i residenti. Il provvedimento, inserito come emendamento al decreto Agosto dalla Commissione Bilancio del Senato, è stato però stralciato dalla presidenza di Palazzo Madama. “Quella norma è sacrosanta e la ripresenteremo in manovra”, promette il ministro dei Beni culturali e del Turismo, Dario Franceschini. “Non è possibile che vi sia chi si finge di avere b&b per avere il regime fiscale agevolato previsto per le attività occasionali mentre si tratta a tutti gli effetti di attività d’impresa”. Il governo dunque si impegna a riproporre la norma, ma la strada intrapresa ha già sollevato molte critiche: per Confedilizia fa aumentare il sommerso, i sindacati degli inquilini avrebbero preferito un tetto al numero di notti, mentre le realtà territoriali che si battono per tutelare i centri storici delle città italiane lo ritengono un intervento di facciata.

Da Roma a Firenze, passando per Napoli e Venezia, il boom degli affitti brevi destinati al turismo ha snaturato le città, come raccontato dal Fattoquotidiano.it, costringendo tantissimi residenti ad abbandonare i centri storici a causa della crescita degli affitti ordinari. “Questa è una norma che non ha nessun impatto sulla tutela delle città”, dice Grazia Galli di Progetto Firenze. “Le attività ricettive extra-alberghiere sono esercitabili in abitazioni civili, che non devono cambiare destinazione d’uso. Così restano anonime, nascoste nei condomìni, sui quali tra l’altro scaricano una buona parte dei costi d’impresa”. Ma anche dal punto di vista del ritorno fiscale la norma è considerata inefficace: “Non farà emergere il sommerso”, attacca Fabio D’Alfonso, del comitato Pensare Urbano di Bologna. “Sulle piattaforme online sono pochissimi ad affittare più di quattro appartamenti, e di solito si tratta di agenzie specializzate che possiedono già la partita iva”.

Per Rete Set, il movimento che si batte contro la turistificazione delle città nato nel sud Europa, “il tetto al numero di appartamenti è insignificante perché la cedolare secca sugli affitti brevi è illegittima a prescindere”, sostiene Antonio Del Castello, di Rete Set Napoli. “Ë una grossa agevolazione per i proprietari giustificata con il piccolo vantaggio, per l’inquilino, di non vedere aggiornato il canone annualmente. Ma questo vantaggio non trova riscontro negli affitti brevi, che sono per legge inferiori ai 30 giorni”. La richiesta è quella di dare poteri e risorse alle amministrazioni locali per regolare il settore, imporre limiti al numero di unità immobiliari da destinare agli affitti brevi e effettuare controlli in modo sistematico.

Anche Confedilizia ha sollevato critiche: “La norma non farà che alimentare elusioni e sommerso, in un comparto che non riguarda solo i turisti, ma anche lavoratori, studenti, parenti di persone ricoverate”, sostiene il presidente Giorgio Spaziani Testa, che fa riferimento al codice civile e al diritto tributario per stabilire quando un’attività debba considerarsi imprenditoriale. Secondo Sunia, il sindacato degli inquilini della Cgil, il provvedimento va nella direzione giusta, ma non basta: “Serve una normativa più organica che consenta a Regioni e Comuni di disciplinare un settore che ha importanti implicazioni urbanistiche”, dice il segretario nazionale Stefano Chiappelli. Il sindacato avrebbe preferito un criterio diverso: “Bisogna considerare il numero di giorni in cui un appartamento viene affittato nell’arco di un anno”, sostiene la segretaria toscana Laura Grandi. “Tutte le grandi città europee hanno imposto dei limiti agli affitti brevi, dai 120 giorni di Parigi ai 30 di Amsterdam. È questo il vero discrimine per stabilire che cosa rappresenta un’attività di impresa”.

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