Antonio Angelucci è indagato dalla procura di Roma per aver tentato di corrompere nel 2017, con 250mila euro, l’attuale assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato. Quest’ultimo non è indagato e anzi, stando alle carte degli inquirenti, ha rifiutato “l’offerta”. Il “re delle cliniche romane”, 76 anni, è proprietario del gruppo San Raffaele di Roma, editore dei quotidiani Libero e Il Tempo e deputato di Forza Italia, secondo quanto si legge nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, è accusato del reato disciplinato dall’articolo 322 del codice penale che punisce l’istigazione alla corruzione. Ad altri indagati dell’inchiesta è contestata anche la corruzione. Angelucci è accusato di aver promesso a D’Amato – in quel momento responsabile della ‘cabina di regia’ del servizio sanitario regionale – “il pagamento di una somma di denaro pari a complessivi 250.000 euro, dei quali 50.000 euro gli sarebbero stati, asseritamente, consegnati subito”. Questo, qualora D’Amato “avesse avallato” il pagamento dei crediti per la clinica San Raffaele Velletri, alla quale la Regione Lazio aveva già revocato l’accreditamento. Ma, come scrivono i pm, “l’istigazione non è stata accolta”. Secondo quanto risulta al fattoquotidiano.it D’Amato ha denunciato la vicenda in procura. Angelucci da parte sua in una nota dichiara “la propria totale estraneità ai fatti contestati e conferma altresì la piena fiducia nei confronti della magistratura”.

Le pressioni per ottenere il riaccreditamento – I fatti, secondo quanto ricostruito dal pm Gennaro Varone e dal procuratore aggiunto Paolo Ielo, si sono svolti il 19 dicembre 2017, a margine del “tavolo di riconciliazione” indetto dal Prefetto di Roma, presso la sala riunioni dell’assessorato alla sanità della Regione Lazio. L’incontro era stato organizzato a fronte della crisi occupazionale minacciata dal Gruppo San Raffaele, che non vedeva riconosciute dalla Regione Lazio “le proprie pretese economiche”. La clinica dei Castelli romani, infatti, non aveva più ricevuto i rimborsi regionali a causa dell’inchiesta che aveva coinvolto i propri vertici – poi conclusasi pochi mesi fa con l’assoluzione – e Angelucci si era recato personalmente alle riunioni con D’Amato per tentare una mediazione. Fino alla tentata corruzione raccontata dai pm.

Assunzioni pilotate a Velletri, indagato il suocero del presunto assassino di Willy – Ma non è tutto. Angelucci è indagato, sempre per corruzione, insieme al suo manager, Ferruccio Calvani – 84enne attuale presidente del cda de Il Tempo – e a Salvatore Ladaga, 63 anni, in quel momento consigliere comunale di Forza Italia a Velletri e oggi coordinatore comunale del partito azzurro. Calvani, secondo gli inquirenti, “accettava l’utilità di poter gestire in proprio le richieste di assunzione presso le case di cura private della San Raffaele Spa, che Ladaga gli concedeva, in accordo con Angelucci”. A fronte delle assunzioni pilotate, il consigliere assicurava il suo “impegno istituzionale” in consiglio comunale per favorire le cliniche di Angelucci. Il nome di Ladaga è balzato lo scorso mese agli onori delle cronache per tutt’altra vicenda, essendo il padre di Silvia Ladaga, compagna di Gabriele Bianchi, uno dei presunti assassini di Willy Monteiro Duarte, il 21enne ucciso la notte fra il 5 e il 6 settembre a Colleferro. Silvia Ladaga lavora nello staff di Giuseppe Simeone, consigliere regionale di Forza Italia e presidente della commissione Sanità della Regione Lazio.

Gli accrediti agli allenamenti della Roma per il commissario Asl – Fra gli indagati nello stesso procedimento compaiono anche Luigi Macchitella e Antonio Vallone. Macchitella, commissario straordinario della Asl di Frosinone, è accusato, in sintesi, di aver concordato a gennaio 2019 con Antonio Vallone – amministratore delegato della San Raffaele Spa – le modalità di rientro di un provvedimento della Corte dei Conti che obbligava la San Raffaele Cassino (altra clinica della galassia Angelucci). In cambio, il commissario Asl è accusato di aver ottenuto l’interessamento presso Vito Scala – storico dirigente di campo della As Roma – per la predisposizione di un accredito che avrebbe permesso ai suoi nipoti di assistere agli allenamenti della squadra giallorossa.

La guerra D’Amato-Angelucci sulla Rsa Covid e gli articoli del Tempo sull’inchiesta archiviata – Negli ultimi mesi in Regione Lazio si è inasprita la battaglia fra D’Amato e Angelucci. L’attuale assessore, responsabile dell’unità di crisi regionale per l’epidemia da Covid, ha disposto la revoca dell’accreditamento per la Rsa San Raffaele Rocca di Papa, al centro dei report dell’Asl Roma 6 che ad aprile aveva riscontrato delle “gravissime violazioni dei protocolli”: sono stati registrati 168 casi di contagio e ben 43 decessi fra i pazienti ospitati. Struttura il cui direttore sanitario, secondo l’autorità sanitaria, non aveva i titoli per ricoprire quel ruolo, mentre i protocolli erano stati affidati a un dirigente infermiere. Tra l’altro nelle settimane successive alla decisione della Regione, il quotidiano Il Tempo aveva pubblicato in prima pagina la notizia – poi rilanciata da Libero – di un’indagine della Corte dei Conti ai danni proprio di D’Amato. I magistrati contabili hanno acquisito gli atti di un’inchiesta penale per truffa i cui reati sono stati dichiarati prescritti dal Tribunale di Roma il 2 febbraio 2016: una vicenda sulla quale pendeva una richiesta di rinvio a giudizio formulata oltre quattro anni prima dalla Procura capitolina, il 12 dicembre 2011. I fatti risalgono agli anni 2006 e 2007 e D’Amato era accusato di aver contribuito a distrarre fondi per 275.000 euro erogati dalla Regione in favore della Fondazione Italia-Amazzonia Onlus, di cui lo stesso D’Amato era vicepresidente. Proprio a causa dell’inchiesta penale, D’Amato fino al 2018 non ha ricoperto il ruolo di assessore regionale, “ripiegando” sulla direzione della cabina di regia sulla sanità assegnatogli dal governatore Nicola Zingaretti.

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