Prendo atto con rispetto della decisione della procura di Massa di ricorrere in Appello contro la assoluzione mia e di Mina Welby, che era stata stabilita dalla Corte di Assise di Massa “perché il fatto non sussiste relativamente al rafforzamento della volontà e perché il fatto non costituisce reato relativamente all’aiuto alla morte volontaria che abbiamo fornito a Davide Trentini“.

Il ricorso della Procura arriva pochi giorni dopo la lettera “Samaritanus bonus” (con la quale la Santa Sede ha definito un “crimine” l’aiuto a morire e ha bollato come “complici” coloro che partecipano a tale aiuto, materialmente o attraverso l’approvazione di leggi) e conferma la gravità dell’incertezza giuridica e delle minaccia che incombe sui malati terminali italiani che vogliano sottrarsi a condizioni di sofferenza insopportabile.

Era la condizione di Davide Trentini, 53enne, da 30 malato di sclerosi multipla, che nell’aprile del 2017 decise di metter fine alle insopportabili sofferenze in Svizzera, dove ricorse al suicidio assistito.

Voglio ribadire oggi che la grave responsabilità di quanto sta accadendo è tutta del Parlamento italiano che non ha ancora fornito risposta ai due richiami della Corte Costituzionale. Da parte di Mina Welby e mia, rifaremmo quanto abbiamo fatto per aiutare Davide, e siamo pronti a rifarlo con altri malati nelle stesse condizioni quando sarà necessario, anche se il prezzo da pagare dovesse un giorno essere quello di finire in carcere.

Chi volesse partecipare alla nostra richiesta, può firmare la proposta di legge per l’eutanasia legale sul sito www.eutanasialegale.it.

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