Noto una nutrita serie di persone che, in più ambiti, svolgono un ragionamento di questo tipo: meglio essere schiavi degli Usa che della Cina. Lo dicono apertamente: parlano senza remore di una schiavitù, sì, ma preferibile ad altre. Va detto, invero, che la situazione ideale a cui tendere deve essere la libertà, che sul piano politico si dà anzitutto come sovranità economica e militare.

Ciò detto, ed evitando ora di discutere se sia meglio un regime comunista con strapotenza dello Stato o un regime liberista con strapotenza del privato, non so se si possa – non lo escludo – diventare schiavi della Cina, che per altro non invade i popoli militarmente, ma economicamente. Si veda, a mo’ di exemplum, quanto sta accadendo in Africa, oggetto di colonizzazione economica cinese. Una cosa, comunque, è certa: ad oggi siamo schiavi di Washington, non di Pechino.

Le 110 basi militari che occupano il nostro territorio hanno la bandiera a stelle e strisce, non quella rossa stellata. Quelli che, per paura della eventuale schiavitù cinese, accettano di buon grado quella statunitense (secondo il classico modus con cui si accettava prima del 1989 la schiavitù atlantista per paura di quella sovietica), commettono l’errore degli errori: accettano le catene che hanno, per paura che, dalla loro liberazione, seguano catene ancora più opprimenti. Platonicamente, se ne stanno in fondo alla caverna, poiché temono che uscire equivalga a passare a una caverna ancora peggiore.

Io non ho simpatia né per il modello cinese, né – ancor meno, invero – per quello americano (talmente subdolo da presentarsi come regno della libertà; se non altro quello cinese è oggetto di aperte critiche). Dico però quanto segue, in attesa di una confutazione, che sarà bene accetta: so, ovviamente, che difficilmente arriveranno, perché i più replicheranno con la pancia e con le emozioni, spostando altrove l’asse della discussione (e, per ciò, non meriteranno risposta, ma solo una placida e composta commiserazione): come sapeva Machiavelli, non si può essere liberi e sovrani senza disporre delle milizie e della moneta.

La prima cosa è negata da Washington (non da Pechino), la seconda da Bruxelles (non da Pechino). Ora, è evidente che il nemico principale non può essere Pechino, per le suddette chiarissime ragioni. Anzi, se si torna sovrani monetariamente e militarmente si potrà anche eventualmente resistere ai tentativi di aggressione economica di altri Paesi, Cina compresa, utilizzando la sovranità economica come via per evitare di competere con la Cina stessa (competere con la Cina significa precipitare nell’abisso senza ritorno e, di fatto, lasciarsi conquistare economicamente). Come? Proteggendo la propria produzione, tutelando i propri lavoratori.

Per farlo, però, ripeto, occorre riconquistare la propria sovranità, cioè liberarsi dal giogo di Washington e di Bruxelles. Se non si capisce questo, è inutile discutere. E resterà solo il discorso, superficiale e magari emotivo, di chi, con vuota profondità, dice “meglio gli Usa della Cina”, “meglio schiavi di Washington che di Pechino”. Chi non vuole essere schiavo di nessuno, sa bene che il primo passo da compiere è liberarsi dei padroni reali, anziché accettarli per paura di eventuali padroni futuri.

Ergo, riconquistiamo la sovranità militare ed economica e, su queste basi, difendiamo l’interesse nazionale italiano, tutelando la nostra cultura, il lavoro e i prodotti.

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