Avevano annunciato di essere pronti a produrre 20 milioni di test rapidi salivari, capaci di rilevare il Covid-19 in tre minuti. Una soluzione tutta italiana, nata grazie alla collaborazione tra un’azienda brianzola (la Allum di Stefania Magni), un docente di genetica dell’Università del Sannio (Pasquale Vito) e la Genus Biotech collegata all’ateneo campano. Ma ora il Corriere della Sera sostiene che si è trattato di “un grande bluff”. Il primo campanello d’allarme riguarda la Allum di Merate, in provincia di Lecco: un’azienda che produce lampade e per giunta in difficoltà economiche (registra 120mila euro di fatturato e 121mila di perdita). La titolare nei giorni scorsi ha sostenuto che il suo kit avrebbe “passato tutti i test del ministero della Salute“, eppure al quotidiano di via Solferino risulta che a Roma non è stato effettuato alcun test.

Nel progetto è coinvolta anche la Genus Biotech, di Benevento, una startup che riceve anche contributi pubblici. Il professor Vito è proprietario del 61% delle azioni, mentre il restante 39% è di Piero Porcaro, imprenditore di un paese nel beneventano e marito di un’assessora della giunta Mastella. Lo stesso Vito, sentito al telefono dal Corriere, risponde così sulla mancata validazione dei test da parte del ministero: “Io non c’entro, è il fabbricante (cioè l’azienda di Merate, ndr) che ha dichiarato questa cosa”. Stessa cosa per quanto riguarda l’annunciata produzione di 20 milioni: “Questo l’ha detto il fabbricante, io non l’ho mai detto, sono molto dispiaciuto di quanto è successo”. Poi c’è il nodo dell’affidabilità di questi test rapidi. Durante la conferenza stampa di presentazione, Vito ha spiegato di aver condotto solo 100 test sul prototipo. “Con quei numeri non si va da nessuna parte, non sono sufficienti per stabilire l’efficacia di un test”, chiarisce ora al quotidiano milanese.

Quanto al rapporto con la titolare dell’azienda brianzola, il docente spiega di aver avuto “solo conversazioni telefoniche o su Skype” con lei. Nessun contratto che dimostri il lavoro in team che avrebbe portato all’elaborazione di “Daily Tampon“. “Mi sono trovato in mezzo a questa cosa – aggiunge il docente al Corriere – non sono affatto d’accordo sulla tempistica della produzione ma se mi chiede se questo principio funziona le dico di sì. Tuttavia il prodotto è ancora prototipale”. È la stessa Magni a chiarire ancora di più la vicenda: “La Allum non farà mai la produzione di questi tamponi e non c’entra nulla in tutto questo”, dice al telefono. “Non ho mai detto che c’era l’ok del ministero. Ho solo chiesto di avere visibilità, è un’iniziativa a livello personale”.

Articolo Precedente

Scuola superiori lasciate al freddo a Varese, la Guardia di Finanza arresta due tecnici per truffa e falso nelle certificazioni dei lavori

next
Articolo Successivo

Mondo di Mezzo, salta l’intervista di Salvatore Buzzi a Piazzapulita. Formigli: “Ha chiesto di essere pagato”

next