VENEZIA – L’imprenditore che vive a Mogliano Veneto e fa il sindaco di Venezia gratuitamente, devolvendo alle associazioni il suo stipendio, ha annichilito il sottosegretario all’Economia, sindacalista di lungo corso che ha tentato inutilmente di riportare al centrosinistra la poltrona di primo cittadino. Annunciato già dagli exit poll, il successo di Luigi Brugnaro si è materializzato con proporzioni ragguardevoli, visto che supera il 54 per cento dei voti, lasciando Pier Paolo Baretta al 29 per cento, decimale più, decimale meno. E così si consolida nel capoluogo lagunare una tendenza che cinque anni fa sembrava uno strappo, rispetto a una storia di governo dem della città. Allora Brugnaro aveva vinto al ballottaggio, recuperando ben 10 punti percentuali all’ex magistrato Felice Casson e superandolo fino a raggiungere il 53 per cento. Questa volta ha fatto di meglio, visto che non avrà bisogno del secondo turno.

I Cinquestelle che allora, con Davide Scano, avevano raggiunto il 12,6 per cento, si devono accontentare del 4 per cento con Sara Visman. Seguono, in ordine sparso, gli altri candidati: Marco Gasparinetti, giurista, veneziano d’azione, candidato sindaco della civica Terra & Acqua, la lista nata dalla precedente esperienza associativa del Gruppo 25 aprile, Giovanni Andrea Martini che ha fondato la lista Tutta la Città insieme, il filosofo Stefano Zecchi, già assessore alla Cultura a Milano, portabandiera del Partito dei Veneti, l”avvocato e fotografo Marco Sitran, a capo dell’omonima lista, Maurizio Callegari per la lista Italia giovane e solidale, e Alessandro Busetto, del Partito comunista dei lavoratori.

Brugnaro è l’esempio di un imprenditore ricco e di successo. Il suo gruppo ha come centro Humana, la società che si occupa di lavoro interinale. E il sindaco ha cercato di portare nella gestione della città le stesse logiche delle sue aziende. Al punto che ha svuotato di potere decisionale le Municipalità, da sempre luogo di radicamento nei problemi della città, soprattutto quelli della Terraferma. Evidentemente veneziani e mestrini hanno premiato il suo quinquennio di amministrazione, nonostante tante ombre e presunti conflitti d’interesse. Ad esempio gli incroci tra attività amministrativa e affari delle società private, a cui il sindaco ha cercato di porre rimedio affidando la gestione del gruppo Humana a un avvocato newyorkese. C’è poi l’area dei Pili, da bonificare, a Porto Marghera, sui cui Brugnaro intende far sorgere un albergo e un palasport. Il sindaco ha poi cercato di svecchiare la macchina comunale, entrando in conflitto con i sindacati. Ha coltivato un’idea di Venezia legata al turismo di massa, ottenendo anche una legge che autorizza il ticket per chi entra nella città sull’acqua. In terraferma si sono moltiplicati sia i supermercati che gli alberghi, avamposto dei turisti, prima che il Covid facesse capire che probabilmente quel modello è destinato a tramontare.

Eppure Brugnaro sembra intenzionato a vederla ancora così. Anche perchè gli operatori commerciali ed economici – dai commercianti agli albergatori, dagli esercenti ai gondolieri – sono ormai legati a quel flusso di turismo e di ricchezze. La vittoria del sindaco è stata costruita attorno alla sua “lista fucsia” che con il 33 per cento dei consensi dimostra di avere intercettato una fetta importante di elettori. È la dimostrazione di quanto conti ormai la personalizzazione del voto anche in Laguna. Infatti, la Lega è intorno al 13 per cento, Fratelli d’Italia al 6,6 per cento, Forza Italia al 2,6 per cento. Nel centrosinistra il Pd raccoglie poco meno del 19.

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