Luca Zaia stravince in Veneto. Il presidente uscente viaggia al 76,41 per cento e la sua lista personale è al 50,84 mentre la Lega è inchiodata al 14,31. Se a questo risultato si aggiunge il flop in Toscana della candidata salviniana Susanna Ceccardi, la mazzata di Stefano Caldoro in Campania e la deludente performance del ripescato Raffaele Fitto in Puglia si comprende come la Lega esca dal responso delle urne con le ossa rotte. In particolare al Sud non solo non ha fornito alcun contributo elettorale in termini di voti e di candidature di livello, ma ma nei fatti la proposta politica è stata respinta dagli elettori.

Il progetto di rendere il Carroccio una forza politica nazionale non solo è miseramente fallito ma rischia di innescare una resa dei conti interna. Il populismo estremo, la propaganda antimmigrati, l’instillare odio e rancore nel dibattito politico, le ricette semplicistiche alla risoluzione della complessità dei problemi – vedi Covid-19 e crisi economica – hanno indotto gli italiani a fare scelte oculate e meno di pancia.

Molti si sono turati il naso ed hanno sostenuto i candidati di centro sinistra altri invece hanno scelto, è il caso di Zaia, amministratori capaci, concreti rispetto al fumoso Salvini. Il progetto di una Lega che si proponeva come un partito di massa e nazionale è stata solo una suggestione. Il doping elettorale, le folle oceaniche, i comizi, i selfie, l’ossessiva presenza in tv, il complesso di onnipotenza hanno accecato Salvini e trasformato la Lega in un comitato elettorale personale.

A urne chiuse si può cautamente affermare che il progetto confusionario in salsa salviniana ha perso. Il successo di Luca Zaia spiega tante cose. Gli elettori del Nord Est hanno scelto un politico che compare poco in Tv, si occupa dei problemi e li risolve, dimostra di essere un bravo amministratore, pragmatico, esperto e lungimirante.

Fino ad ora Salvini non ha dimostrato neppure di essere capace di saper amministrare un piccolo condominio. È sotto gli occhi di molti i mesi trascorsi al Viminale. Il voto certifica che la Lega di Salvini non rappresenta i territori, né al Sud e né al Nord. Anzi rispetto al Carroccio di Umberto Bossi non riesce neppure più ad assecondare le spinte egoistiche del Nord, la cosiddetta locomotiva d’Italia.

È un problema politico serio per i lumbard. Il ‘teatro’ salviniano non piace più. Salvini sente il terreno franare sotto i piedi. Visti i risultati di oggi, non è più il leader della coalizione di centrodestra. È stato scalzato nei fatti avanza da Giorgia Meloni che con Fratelli d’Italia, più della Lega dimostra di saper parlare ad una fetta di elettorato non solo di destra.

Ora su Salvini oltre ad incombere il processo di ottobre e l’inchiesta di Milano, si potrebbe staccare la slavina di una leadership non più credibile.

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