A scuola le mascherine andrebbero portate dai ragazzi anche quando sono seduti al banco. Ne è convinto il virologo Andrea Crisanti, direttore di Microbiologia all’università di Padova, tra i padri del modello veneto sulla gestione dei tamponi per Covid-19 nella prima fase dell’emergenza coronavirus. “Le mascherine servono e funzionano“, ha spiegato l’esperto intervenendo a ‘SkyTg24‘. Se gli studenti “li teniamo tutti zitti per ore va pure bene permettere che se le tolgano da seduti – osserva – però io non ce la vedo una classe che sta in silenzio per ore e ore. E se uno deve parlare per dire ‘prestami la penna’, ‘passami questo’? Aboliamo l’interazione sociale in una classe? Perché nel momento in cui parlo – avverte Crisanti – di fatto emetto droplet, quindi se non altro bisognerebbe che i ragazzi abbiano a disposizione la mascherina e, se parlano, se la mettano”.

Per questo, “le mascherine andrebbero portate anche seduti ai banchi – ribadisce l’esperto – specialmente se un ragazzo inizia una conversazione con un’altra persona. A scuola si parla. La scuola non solo serve per imparare, ma è anche una palestra sociale per interagire con gli altri”. Secondo il virologo, “probabilmente non è stata ancora raggiunta la capacità di fornire 11 milioni di mascherine” al mondo della scuola, come annunciato invece dal Governo. “Bisognerà vedere se effettivamente queste mascherine si materializzano ogni giorno”, dice. E comunque

“La riapertura delle scuole e la riapertura delle attività produttive sono un’occasione fantastica per innescare la trasmissione” di Covid-19. “E l’unico modo che abbiamo” per controllare i contagi, “in assenza di farmaci efficaci e ancora in assenza di un vaccino, sono le misure di sorveglianza attiva”, ha aggiunto rbadendo l’importanza di aumentare i tamponi per la ricerca degli infettati dal nuovo coronavirus. “Se uno sta male e ha la febbre – avverte l’esperto – bisogna fare tamponi a lui, amici, parenti e colleghi di lavoro. Ogni asintomatico intercettato è una vittoria, quindi è chiaro che i tamponi che facciamo adesso ci bastano appena per controllare la situazione”.

Per quanto riguarda invece il vaccino, Crisanti non crede che possa essere pronto entro la fine dell’anno. “Un vaccino è una cosa estremamente complicata, purtroppo non ha tempi comprimibili. La fase cosiddetta di sicurezza di un vaccino dura circa un anno e mezzo o due solo quella, perché bisogna darlo a circa centomila persone in tutto il mondo. Questi sono tempi non comprimibili – spiega -. Capisco l’esigenza e l’aspettativa, però non vorrei che si prendesse una scorciatoia, perché ogni scorciatoia che prendiamo aumenta il rischio o che il vaccino non sia efficace o che abbia degli effetti indesiderati“. “Si diceva – conclude – che il vaccino sarebbe stato pronto a dicembre, adesso si parla della fine dell’anno prossimo. Alla fine dell’anno prossimo si dirà fra altri sei o sette mesi, perché i tempi sono quelli. Un vaccino sicuro, testato con efficacia avrà quei tempi. Secondo me lo avremo nel 2021”.

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