La bandiera di Cortina capitale mondiale-olimpica dello “sci sostenibile” è stata divelta dai pennoni della propaganda, in questa singolare e tempestosa fine estate. L’ultima settimana di agosto ha sferrato al volto della fu perla delle Dolomiti il micidiale uno-due del disastro da maltempo. In mezzo, l’uppercut delle code per i tamponi dopo il caso Covid alla prima festa ufficiale, un Summer Party per 500 cosiddetti Vip, prova generale degli eventi in epoca post-pandemia.

La prima frana di fango e detriti si è riversata in centro da una località che notoriamente è considerata a rischio e che si chiama, ironia della sorte, Acquabona. Dopo l’ultima ondata di temporali, il 29 e 30 agosto, il disastro si è esteso e in poche ore sono state chiuse le strade Sp49 di Misurina, Sp48 a Rio Gere, S.R. 348 Feltrina in quel di Carpen; e, ancora, una decina di chilometri tra Fiames e il passo Cimabanche della strada statale 51 di Alemagna – il fulcro degli interventi milionari dell’Anas per i Mondiali del ’22 e le Olimpiadi 2026. Intanto dovrebbero proseguire i lavori di ampliamento e rifacimento delle piste sotto le Tofane e dell’area tribune a Rumerlo, franata ai primi colpi di ruspa.

E’ stato un anno record per il turismo in Dolomiti e, alla vigilia del disastro idrogeologico piovuto dal cielo, hanno fatto parlare le assurde code di gitanti ovunque nei luoghi cartolina, dal lago di Braies alle Tre Cime di Lavaredo, e persino nelle trincee della Prima Guerra Mondiale al Sass de Stria. Per non dire dell’allucinante e costante traffico stradale. Intanto gli esperti prevedono che il ghiacciaio della Marmolada s’estingua nell’arco di 15/30 anni e che lo scioglimento del permafrost stia mettendo a rischio di crolli le pareti nord del Civetta e del Sorapiss.

Ma non bisogna limitarsi ad allargare le braccia e ad accettare tutto con fatalismo. Tra l’altro, le soluzioni ci sarebbero, eccome, e non sono certo nei soldi a palate per rifare le piste e le strade dopo le calamità o nei folli piani di qualche nuovo Grande Carosello sciistico. Proprio da uno dei sindaci zoldani coinvolti nel piano sci di Luca Zaia è arrivata, per esempio, la proposta di affiancare agli eventuali nuovi collegamenti funiviari un piano di parcheggi e di trasporti pubblici che trasformi in qualche le Dolomiti bellunesi in zona off-limits, con l’interdizione al traffico per i non residenti nei periodi clou.

Il presidente della Maratona dies Dolomites Michil Costa, albergatore in Alta Badia, da anni propone un piano analogo che trasformi le valli ladine in un’area libera dal traffico e a rigorosa mobilità dolce. Altro che Mondiali, Olimpiadi e scempi per le nuove piste e l’innevamento artificiale: bisogna ribaltare quanto prima il cinico sfruttamento economico delle Dolomiti, che ha trasformato in “patrimonializzazione” persino la bandiera Unesco, e immaginare un piano di salvaguardia ampio e condiviso.

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Dolomiti, troppo caldo in alta quota: si scioglie il manto nevoso dei ghiacciai

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