Tutti conosciamo Echelon, il sistema satellitare di intercettazioni più invasivo che ci sia, ma nessuno conosce Crypto Ag, l’azienda svizzera che per quasi cinquant’anni, dal 1970 fino al 1993, ha venduto strumenti per la crittografia ai servizi di intelligence di diversi Paesi del mondo.

La Crypto Ag (Sabrina Provenzani ne ha scritto per Il Fatto ) è stata una specie di cancro dentro le nostre democrazie: fondata da un ingegnere svedese, rilevata nel ‘70 dalla statunitense CIA e dal BN, i servizi della Repubblica federale tedesca, la Crypto Ag svolgeva con grande facilità il proprio compito: vendeva ai propri clienti, tra cui molti Paesi membri della Nato, apparecchi tecnologici per la crittografia, e poi passava i codici per decifrali ai servizi Usa e tedeschi.

Esiste una letteratura abbastanza ampia sul tema ma è consigliabile partire dalla lettura di un breve ma imperdibile saggio scritto per Limes (N. 2 del 1999) da Luca Mainoldi, già dal titolo importante: Geopolitica della organizzazioni Sigint, dal quale si comprende che le basi dell’operazione Crypto Ag furono poste dopo la guerra di Suez. È li che gli americani compresero che era meglio non fidarsi degli alleati e si accordarono con gli inglesi, secondo Limes partner fondamentale dell’operazione nella quale furono coinvolti i tedeschi in un secondo momento, per creare un sistema che li tenesse al ‘guinzaglio’: il primo incontro tra un funzionario del dipartimento di Stato e il management allora svedese dell’azienda di alta tecnologia avvenne nel lontano 1957.

I macchinari della Crypto Ag sono stati sicuramente usati, in base a documenti della CIA, per monitorare le comunicazioni del presidente egiziano Sadat durante le trattative per lo storico accordo con Israele (Camp David), durante la crisi degli ostaggi in Iran e la Guerra delle Falkland, poi per portare al termine il golpe in Cile.

Rispetto al mastodontico Echelon, sofisticato sistema di ascolto globale delle comunicazioni internazionali gestito da Usa e Gran Bretagna e che spia tutti, nemici o alleati, raccogliendo a ‘strascico’ informazioni non solo militari ma anche commerciali, diplomatiche, finanziarie, industriali, ma non può tradurre le informazioni criptate, la magia dei sistemi tecnologici venduti da Cripto Ag è che traducono ogni forma di messaggio in codice! Ora ci chiediamo: l’Italia ha acquistato apparecchiature di questo tipo? Federico Fornaro, capogruppo di LeU alla Camera, dopo gli articoli de Il Fatto ha presentato una dettagliata interrogazione per chiedere al Presidente del Consiglio di rassicuraci, se può.

Intanto, c’è di che preoccuparsi: infatti, la Crypto AG ha realizzato i propri affari, e la CIA e il BDN il loro spionaggio, attraverso due aziende europee molto importanti, la Siemens e la Motorola. Bene, sapete chi ha fornito negli anni 90 i cellulari a tutto il personale delle Forze dell’Ordine e degli apparati dello Stato italiani? La Motorola, naturalmente. Per dire, le inchieste più delicate realizzate dal Ros o dalla DIA, passavano attraverso i vecchi cellulari Motorola. Giovanni Falcone scopriva i segreti della Repubblica avendo in tasca il suo Microtac Etacs della Motorola.

La faccenda è dunque molto delicata e c’è da aspettarsi molta cautela da parte dello Stato, prima di rendere pubblico un eventuale contratto siglato negli anni passati tra la nostra amministrazione e la Crypto Ag. Ma di sicuro, se questa particolarissima azienda ha venduto apparecchi all’Italia, alcune persone ne sono al corrente, alti funzionari o tecnici specializzati: sarebbe bene che dessero un contributo di verità. Visto che conosciamo questa parte della storia grazie ad una vecchia spia americana che sul letto di morte ha preferito alleggerirsi la coscienza, raccontando i misfatti della CIA e permettendo ai quotidiani di mezzo mondo di raccontarli.

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