In Italia il consumo di suolo non si ferma. Anzi, la corsa del cemento e dell’asfalto procede al ritmo di 2 metri quadrati al secondo. Il rapporto Ispra Snpa parla di 57 chilometri quadrati in più nel 2019, con la maglia nera al Veneto, ma record negativi anche per Roma, comune italiano con la maggiore quantità di territorio trasformato in un anno, un incremento di suolo artificiale di 108 ettari, superficie pari a 200 campi da calcio. Ma questi dati sono ancora più preoccupanti se collegati agli effetti che questo consumo ha sull’agricoltura italiana. “L’ultima generazione è responsabile della perdita in Italia del 28 per cento della terra coltivata, per colpa della cementificazione e dell’abbandono provocati da un modello di sviluppo sbagliato che ha ridotto la superficie agricola utilizzabile in Italia negli ultimi 25 anni ad appena 12,8 milioni di ettari”. A rilevarlo è un’analisi Coldiretti divulgata proprio in occasione della presentazione del rapporto e dalla quale emerge che la perdita dovuta al consumo di suolo in termini di produzione agricola complessiva è stimata in “3,7 milioni di quintali, per un danno economico di quasi 7 miliardi di euro in soli 7 anni, tra il 2012 e il 2019”. E se le associazioni degli agricoltori chiedono un intervento in Parlamento, lo stesso ministro Sergio Costa sottolinea l’urgenza di approvare al più presto il ddl sul consumo del suolo.

IL RAPPORTO ISPRA – Il Veneto, con +785 ettari, è la regione che nel 2019 ha consumato più suolo (anche se meno del 2017 e del 2018), seguita da Lombardia (+642 ettari), Puglia (+625), Sicilia (+611) ed Emilia-Romagna (+404). La Valle d’Aosta, con solo 3 ettari di territorio impermeabilizzato nell’ultimo anno, è la prima regione italiana vicina all’obiettivo ‘Consumo di suolo 0’. Roma, invece, arriva a 500 ettari di suolo trasformato dal 2012 ad oggi ed è seguita da Cagliari (+58 ettari in un anno) e Catania (+48 ettari). Va meglio a Milano, Firenze e Napoli, con un consumo inferiore all’ettaro negli ultimi 12 mesi (+125 ettari negli ultimi 7 anni a Milano, +16 a Firenze e +24 a Napoli nello stesso periodo). Torino, dopo la decrescita del 2018, nel 2019 riprende a costruire, perdendo cinque ettari di suolo naturale. L’Ispra fa notare che l’aumento delle superfici coperte avviene anche in presenza di un calo della popolazione. Nel 2019, infatti, i 57 milioni di metri quadrati di nuove strade e costruzioni si registrano in un Paese che vede un calo di oltre 120mila abitanti. La copertura artificiale avanza anche nelle zone più a rischio del Paese: nel 2019 risulta ormai sigillato il 10% delle aree a pericolosità idraulica media e quasi il 7% di quelle classificate a pericolosità elevata. Il cemento ricopre anche il 4% delle zone a rischio frana, il 7% di quelle a pericolosità sismica alta e oltre il 4% di quelle a pericolosità molto alta.

I DANNI PER L’AGRICOLTURA – In sette anni, tra il 2012 e il 2019, la perdita dovuta al consumo di suolo in termini di produzione agricola complessiva, stimata insieme al Crea, raggiunge i 3,7 milioni di quintali, 2 milioni e mezzo di quintali di prodotti da seminativi, seguiti dalle foraggere (-710mila quintali), dai frutteti (-266mila), dai vigneti (-200mila) e dagli oliveti (-90mila). In meno di vent’anni la superficie edificata ha corroso oltre 2 milioni di ettari coltivati, cancellando il 16% delle campagne. “Senza contare – ricorda la Cia-Agricoltori italiani – che la mancata manutenzione del territorio, il degrado, l’incuria, la cementificazione selvaggia e abusiva, l’abbandono delle zone collinari e montane dove è venuto meno il fondamentale presidio dell’agricoltore, contribuiscono a quei fenomeni di dissesto idrogeologico che hanno reso ancora più fragile l’Italia”.

LA NECESSITÀ DI UNA LEGGE – E se da anni le associazioni chiedono un intervento in Parlamento, anche il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, ha ribadito la necessità di approvare al più presto il ddl sul consumo del suolo. “Il suolo è una risorsa non rinnovabile e non va sprecata – ha commentato Costa – I dati presentati dall’Ispra ci dicono che oggi ogni neonato nasce in Italia con una ‘dote di cemento’ di 135 metri quadrati. Non è questa l’eredità che vogliamo lasciare ai nostri figli e nipoti”. Il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Morassut, ha invece spiegato che nel Collegato ambientale “che spero arrivi prima della pausa estiva all’esame del Consiglio dei Ministri, vogliamo introdurre, tra le tante cose previste, alcune norme di principio che riformino radicalmente la normativa urbanistica ed edilizia, oggi molto vecchia e ferma all’idea che lo spazio vuoto si pianifica e si consuma, magari anche abusivamente. Possiamo puntare a raggiungere l’obiettivo del saldo zero di consumo di nuovo suolo per il 2040; obiettivo ambizioso, ma perseguibile”. Per farlo bisogna, però, intraprendere una nuova strada. “Ad un forte alleggerimento fiscale verso le imprese – ha spiegato Morassut – devono corrispondere prestazioni più elevate degli operatori in termini di efficienza energetica, uso di materiali a bassa dispersione energetica e di calore, riciclo dei materiali di demolizione e offerta di servizi adeguati alla domanda urbana in termini di quantità e qualità. Solo così l’obiettivo di abbattere il consumo di suolo può uscire dalla narrativa e diventare processo economico che trasforma le città nella direzione di una maggiore giustizia sociale e di una maggiore sostenibilità”.

Articolo Precedente

Alto Adige, ora più che mai la Val Senales incarna le contraddizioni tra il vecchio e il nuovo

next
Articolo Successivo

Riserve naturali, il Tar della Campania ferma il parco eolico di Valva e Calabritto: “Via libera incompatibili con aree tutelate”

next