di Federica Pistono*

Quando si parla di un romanzo incentrato su un attentato terroristico in un piccola città della provincia americana, subito alla mente si presenta l’immagine di un assalitore dai tratti mediorientali, un islamista fanatico, deciso a sterminare il numero più alto possibile di “infedeli”.

Leggendo le pagine del romanzo La tua bellezza di Sahar Mustafah (Marcos y Marcos, 2020, trad. F. Conte), si assiste invece a un rovesciamento del canone convenzionale: questa volta il terrorista è americano, bianco, animato da un odio implacabile verso tutto ciò che non gli sembra genuinamente autoctono, risoluto a trucidare quelli che ritieni nemici propri e del proprio Paese.

A Tempest, una cittadina nelle vicinanze di Chicago, la vita quotidiana scorre tranquilla in un liceo femminile islamico, in cui le ragazze musulmane vengono educate ai valori del multiculturalismo e della convivenza civile. Un giorno, un attentatore irrompe nei locali dell’istituto e, animato da un odio feroce, comincia a sparare sulle insegnanti attonite e sulle studentesse terrorizzate. Ritiratasi a pregare in un antico confessionale, Afaf, la preside della scuola, decide di non fuggire ma di affrontare l’assassino per guardarlo in viso e cercare di capire il perché di tanta violenza.

Questo è l’esordio del romanzo di Sahar Mustafah, un’opera che non è soltanto la cronaca di un atto criminale, ma il racconto di cosa significhi, per una figlia di immigrati palestinesi, crescere e trovare il proprio posto in una cittadina della provincia americana, affrontando, fin dalla più tenera età, un mondo esterno intessuto di incomprensione e di pregiudizi. Nei tragici momenti che precedono il terribile faccia a faccia con l’attentatore, Afaf ripercorre la sua vita di donna araba e musulmana in terra americana: dall’infanzia difficile in una famiglia infelice, con un padre dedito all’alcol e una madre incapace di superare il dolore dello sradicamento dalla patria e di ambientarsi in terra straniera, all’adolescenza segnata dalla scomparsa improvvisa della sorella Nada, un evento che lacera in modo irreversibile il tessuto familiare, fino all’avvenimento cruciale della sua esistenza, la conversione all’Islam, una scelta maturata liberamente in età adulta, non imposta dai genitori o dalla comunità di appartenenza.

È proprio la scoperta della dimensione religiosa a guidare Afaf all’affermazione di sé e della propria identità, all’accettazione delle proprie radici e di una cultura fino ad allora ignorata. Ed è la fede a permettere alla protagonista di attingere alla serenità, di realizzare la trasformazione da giovane atea, turbolenta e ribelle, in musulmana consapevole, in una donna che trova i propri valori nella fede in Dio, nella famiglia e nel lavoro di insegnante e di preside. Afaf, che indossa il velo islamico come tratto identitario, è anche una cittadina americana rispettosa della leggi del proprio Paese e una preside che educa le proprie alunne ai valori del pluralismo e del rispetto verso l’altro.

Nel tempo sospeso dell’attesa, la protagonista rievoca il proprio passato e, mentre aspetta a piè fermo l’assalitore, le tornano in mente le note malinconiche dell’oud suonato dal padre, gli odori e i sapori dei piatti tipici delle cucina palestinese preparati dalla madre, cuoca eccellente nonostante la depressione, le discussioni con la sorella e il fratello, l’incontro con il giovane destinato a diventare suo marito, il pellegrinaggio alla Mecca. Per il lettore si apre così una finestra sugli usi e costumi della comunità islamica in America, con interessanti focus sul cibo, sulla musica, sulle abitudini sociali degli immigrati arabi negli Stati Uniti.

Ma soprattutto, il romanzo illumina la vita quotidiana della comunità islamica dopo gli attentati del 2001, quando, nell’immaginario americano, gli individui di origine araba venivano spesso identificati come “terroristi”. Eppure, quasi vent’anni dopo quei terribili eventi, è proprio la comunità islamica a finire nel mirino del terrorismo, allorché, in un Paese in cui è fin troppo facile procurarsi armi letali, uno squilibrato decide di sterminare docenti e allieve del liceo femminile islamico di Tempest.

Se il romanzo narra, da un lato, la storia di Afaf, che, da giovane aggressiva e confusa, è diventata un’adulta che ha trovato in Dio le sue certezze, ripercorre, dall’altro, la vicenda dell’attentatore, cresciuto in un mondo privo di affetti, nutritosi di razzismo, di intolleranza e di un odio percepito come un dolore. Proprio sulla contrapposizione dei due percorsi, l’uno volto alla ricerca dell’equilibrio e della pace interiore, l’altro all’individuazione di un bersaglio, di un avversario da annientare per placare la propria furia contro un mondo percepito come ostile, si individua la tematica portante del romanzo.

* Traduttrice ed esperta di letteratura araba

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