La seconda ondata ci potrà essere se non saremo capaci di gestire i focolai, come quelli che abbiamo in Germania e già in Italia, come alla Garbatella, al San Raffaele Pisana, a Saxa Rubra, in Campania e in Calabria. Sono come delle braci che rimangono dopo un incendio e che possono avere modo di aumentare. Si fa presto ad avere numeri imponenti se non riusciamo a controllare questi focolai. E il controllo è legato a due pilastri: la capacità tecnico-organizzativa dei sistemi regionali e del sistema sanitario nazionale e la responsabilità dei cittadini“. Sono le parole del virologo dell’università degli Studi di Milano, Fabrizio Pregliasco, ospite della trasmissione “264Zoom”, su Radio Cusano Tv Italia (ch. 264 dtt).

E aggiunge: “Si parla di ‘seconda ondata’, basandosi sull’andamento di altri virus nel passato, quando non si poteva fare nulla e si aspettava. Quindi, ci sono capitate più volte seconde ondate tra capo e collo, come nel caso dell‘influenza spagnola nel 1918. Oggi abbiamo la capacità di tracciamento, la conoscenza e la preoccupazione. Abbiamo ora piccoli focolai, perché il virus ha finito la sua ondata e siamo in una fase continuamente calante, nonostante le giuste aperture. Ci sono però situazioni che possono riemergere, perché da un andamento epidemico siamo passati a un andamento endemico“.

Il virologo invita tutti a un ottimismo prudente: “I focolai che stiamo vedendo, ma anche le recrudescenze nella Corea del Sud e in Cina, che ora sta reagendo in maniera muscolare, ci pongono un problema, che è anche nostro, proprio sulla seconda ondata, che può esserci solo se falliscono i due pilastri in grado di limitare la diffusione endemica del virus. Il coronavirus può ancora circolare, perché non abbiamo ancora l’immunità di gregge. In Lombardia siamo colpiti al massimo del 10% della popolazione, ma nel Centro-Sud del 3-5% – prosegue – quindi il virus ha ancora praterie per diffondersi tra soggetti suscettibili. Dobbiamo però condurre una vita di vigile serenità. Non possiamo certamente rimanere in casa in modo ipocondriaco, ma oggi si vedono casi di affollamenti ingiustificati. Dobbiamo mantenere un livello di attenzione continuativo, quindi dobbiamo usare la mascherina in situazioni di affollamento, mantenere il distanziamento e fare attenzione all’igiene delle mani, che sono il veicolo di trasmissione indiretta, ma purtroppo molto efficace, di questo virus. Non bisogna, insomma, esagerare nell’ipocondria, ma neppure nel ‘liberi tutti’ e nel portare la mascherina sotto il mento o a mo’ di pashmina”.

Circa il dibattito sulla infettività o meno degli asintomatici, Pregliasco puntualizza: “E’ evidente che il sintomatico che starnutisce e tossisce rappresenta un rischio di contagio ben superiore. Il ruolo dell’asintomatico nel contagio, come per altre patologie, si è visto che è minore. Ma non c’è ancora una contezza definitiva su quanto sia meno contagioso rispetto al sintomatico. Quindi, il problema della contagiosità dell’asintomatico permane. Il guaio è che, stando vicino o a contatto con un asintomatico, si ha un rischio che statisticamente c’è, anche se inferiore rispetto a quello dovuto a un sintomatico. Questo è un elemento assolutamente oggettivo“.
Commento del medico anche sull’app Immuni: “Sarà utile se si arriverà ad un 60-70% di persone che la utilizzano. Così come è stata concepita protegge sicuramente la privacy, direi fin troppo, perché deve essere un’azione attiva della persona che riceve l’alert di presentarsi presso una struttura sanitaria. E’ un elemento utile complementare, che sarebbe bene venisse utilizzato in modo massimale“.

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