Mentre il mondo discute di come le persone di colore vengono trattate e di come George Floyd moriva soffocato, alcuni in Italia cercano di portare l’attenzione verso il passato razzista e coloniale dell’Italia – passato che risale all’Ottocento e viene ben prima del periodo fascista: riguarda quindi noi tutti, anche chi considera il ventennio come una parentesi chiusa della nostra storia. Come spesso accade, anziché occuparsi della questione scomoda (ovvero: siamo razzisti? Lo siamo stati? Vogliamo rinunciare a simboli razzisti?) il dibattito va a finire in caciara e si usano slogan ed estremizzazioni, da ambo le parti: da un lato chi riduce la questione a un giudizio personale su Indro Montanelli (indebolendo l’argomento. Il punto non è tanto se Montanelli fosse una buona o cattiva persona nella sua vita privata. Il punto è che, da giornalista, ha scritto pubblicamente delle sue gesta razziste senza pentimento e senza pietà per quella povera ragazza), dall’altro chi usa slogan semplicistici come “non cancelliamo la storia”.

Inviterei a occuparsi anzitutto del tema più importante, ovvero l’oppressione che continuiamo a esercitare, e ad ascoltare prima di tutto le persone di colore che vivono in Italia, raccontate con la propria stessa voce. Una piccola lista, con spunti molto belli, è stata creata per questo blog dall’attivista Simon Samaki Osagie, curatore del progetto Speaker Box Street Party: potete trovarla in fondo all’articolo e vi invito caldamente a perdervici.

Ma so che molti hanno sete di polemica sulla questione statue, e questa sete la soddisferò. Dicendo che bisogna essere pragmatici e valutare tanti aspetti, caso per caso, discutendo serenamente (ho detto serenamente? Oddio). Voglio quindi regalare una piccola guida alla rimozione di statue, mausolei, monumenti.

La domanda a cui bisogna rispondere è insomma, concretamente, se la comunità voglia occupare il suolo pubblico con tale opera innalzata a titolo celebrativo. Per rispondere, propongo la seguente procedura:

  1. Vogliamo continuare a celebrare la persona o evento oggetto dell’opera? Risponde ai valori che oggi celebriamo? Se la risposta è ambigua, riflettere ulteriormente sui valori che noi – come comunità – oggi associamo a quel personaggio e al loro significato.
  2. Tenere la statua al suo posto può avere effetti positivi immediati su chi la vede? Per esempio, può ispirare chi la vede a essere una persona migliore, un cittadino migliore?
  3. Può avere effetti negativi diretti su chi la vede? Per esempio, le statue dei generali confederati sono state create apposta per creare un ambiente urbano ostile alle persone di colore. E ci riuscivano. Una donna di colore vittima di razzismo e misoginia (come scrive qui Djarah Kan) potrebbe soffrire a vedere un personaggio simbolo di suprematismo bianco o razzismo celebrato pubblicamente di fronte a sé. Se ha effetti negativi, si tratta di questioni ancora attuali come il suprematismo bianco, o con cui invece la storia ha (forse) chiuso definitivamente come i crimini di guerra dei Romani?
  4. Valutare i punti precedenti nell’ottica di comunità, chiedendosi se ci sia consenso diffuso sull’aspetto positivo o se ci siano resistenze diffuse o persone o gruppi di persone che siano colpite negativamente in modo eccessivo. Questa fase richiede molta discrezione, una discussione comune in cui ci si ascolti a vicenda e in cui tutti possano parlare, con la consapevolezza che in molti saranno scontenti del risultato finale, ma che tutti devono sentirsi considerati nelle proprie istanze. Se la valutazione finale è positiva, tenere la statua. Se è negativa, forse è meglio che non stia dove sta e venga spostata in un museo, dove può continuare a essere conservata e studiata, privata però dell’aspetto celebrativo associato all’esposizione su pubblica piazza. La domanda diventa quindi se sia opportuno o meno lo spostamento. Procedere ai punti successivi:
  5. La statua ha un valore artistico tale per cui, tutto sommato, è meglio tenerla dove sta anziché in un museo?
  6. La statua (o il monumento) ha la possibilità di essere rimossa? Se è un’opera architettonica enorme, rimane difficile farlo. In quel caso purtroppo bisogna scegliere fra due possibilità: abbattimento o mantenimento. Credo che di base il mantenimento sia l’opzione da preferire, ma bisogna discutere pacatamente se gruppi sociali numerosi o molto colpiti esprimono forti rimostranze.
  7. Valutare i punti precedenti nel complesso, ascoltare tutte le parti e decidere.

Ecco una soluzione che richiede scelte collettive ponderate, razionali, e la compartecipazione di tutti gli appartenenti alla comunità. Serenamente e senza stracciamento di vesti. Spero di aver risolto il problema. Fatemi una statua!

Gli immigrati e i neri con la propria voce. Una piccola lista (curata da Simon Samaki Osagie, curatore del progetto Speaker Box Street Party):

Abdou M Diouf

Amir Issa

Amin Nour

Andi Ngans

Angelica Pesarini

Antonella Bundu

Comitato 3 Ottobre

Djarah Kan

Esperance Hakuzwimana

Evelyne S. Afaawua

Igiaba Scego

John Modupe

Neri Italiani – Black Italians

Oiza Q. Obasuy

QuestaèRoma

Razzismo Brutta Storia

Sonny Olumat

Tommy Kuti

Speaker Box Street Party

Yvan Sagnet

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