Il 23 marzo il parlamento marocchino ha approvato una legge che dichiarava l’emergenza sanitaria e stabiliva condanne a tre mesi di carcere e sanzioni pecuniarie di varia entità per chiunque violasse “decisioni prese dalle autorità pubbliche” o le ostacolasse mediante “testi, pubblicazioni o fotografie”.

Nei primi due mesi di applicazione della legge, secondo una ricerca di Amnesty International, le procure marocchine hanno aperto indagini su 91.623 persone, almeno 558 delle quali tuttora in carcere.

Amnesty International si è concentrata sui casi di cinque tra attivisti dei diritti umani e giornalisti partecipativi arrestati tra aprile e maggio 2020 per alcuni post in cui criticavano le modalità con le quali le autorità locali stavano gestendo la distribuzione degli aiuti durante la pandemia da Covid-19.

Le accuse nei loro confronti sono di “offesa alle istituzioni pubbliche” e “diffusione di false informazioni“. Il 17 aprile la polizia ha arrestato Mohamed Bouzrou e Lahssen Lemrabti, giornalisti partecipativi e amministratori di Fazaz24, una pagina Facebook che conta circa 29.000 follower. I due sono attualmente detenuti nella prigione di Khenifra, nel nord del paese. Un terzo amministratore della stessa pagina, Mohamed Chejii, è stato arrestato il 19 aprile e rilasciato il giorno seguente ma il procedimento nei suoi confronti è ancora in corso.

I tre sono sotto accusa per due post pubblicati sul profilo di Fazaz24 il 3 e il 4 aprile. Il primo era un video in cui un uomo anziano di Khenifra chiedeva disperatamente aiuto alle autorità locali dicendo di essere tra i quei lavoratori ai quali il lockdown stava impedendo di percepire reddito. Il secondo post denunciava il “clientelismo” e la distribuzione iniqua degli aiuti tra gli abitanti da parte delle autorità locali durante la pandemia.

Il 27 aprile la polizia di Nador ha arrestato Omar Naji, rappresentante locale dell’Associazione marocchina dei diritti umani. Rilasciato il giorno seguente dietro pagamento di una cauzione di 10.000 dirham (circa 920 euro), è sotto indagine per un post pubblicato su Facebook il 20 aprile nel quale aveva criticato le autorità locali per aver confiscato a venditori non autorizzati merci da distribuire alle associazioni locali durante la pandemia. La prima udienza del processo era stata fissata per il 2 giugno ma poi è stata rinviata al 14 luglio.

Il 15 maggio la polizia ha arrestato l’attivista Abdessadek Benazzouzi, originario della città di Bni Tadjite, nella provincia di Figuig, ancora una volta per dei post su Facebook. Il primo, pubblicato il 13 maggio, denunciava “violazioni dei diritti umani”, tra le quali il “clientelismo” nella distribuzione degli aiuti ai poveri, la mancanza di servizi pubblici e l’esclusione dei giovani nella distribuzione delle indennità da perdita del posto di lavoro.

Il secondo, pubblicato due giorni dopo, riportava le opinioni di abitanti della città che chiedevano maggiore aiuto dalle autorità e criticavano la loro attitudine, basata su “repressione” e “intimidazione”. Il processo inizierà il 18 giugno.

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