La fusione tra Intesa San Paolo e Ubi contribuirebbe a rafforzare la posizione dominante della prima banca del Paese “in numerosi mercati”, senza che l’accordo per la cessione di un ramo d’azienda a Bper “non possa essere preso in considerazione, quale intervento volto a risolvere le criticità concorrenziali”. Così l’Antitrust, nella comunicazione delle risultanza istruttorie alle parti, spiega perché ritiene che la concentrazione “non sia allo stato degli atti suscettibile di essere autorizzata“. L’offerta pubblica di scambio con cui Intesa Sanpaolo intende acquisire Ubi Banca è stata lanciata lo scorso 17 febbraio: proprio per evitare contestazioni, è previsto che Bper acquisirà 400-500 filiali con 1,2 milioni di clienti e UnipolSai rileverà i rami d’azienda delle compagnie assicurative Bancassurance Popolari, Lombarda Vita e Aviva Vita partecipate da Ubi.

L’Agcm, si legge nel documento che è stato anticipato da Il Messaggero, ha fissato per il 18 giugno il termine “di chiusura della fase di acquisizione degli elementi probatori” e ha autorizzato le parti a “presentare memorie scritte e documenti” fino al 15 giugno. Le parti avranno il “diritto di essere sentite innanzi al collegio”, che ha fissato l’audizione sempre per il 18 giugno. Al termine di quest’ultima, il procedimento entrerà nella fase decisoria, rispetto alla quale le risultanze istruttorie non precludono alcun esito. Una volta acquisito per il parere non vincolante dell’Ivass, il collegio dovrà chiudere entro i 60 giorni lavorativi dall’avvio dell’istruttoria il procedimento, per cui una decisione è attesa nella seconda metà di luglio.

Nelle conclusioni delle “risultanze istruttorie”, l’Antitrust rileva che la concentrazione è in grado di ridurre “in maniera sostanziale e durevole la concorrenza” su una serie di mercati “in ragione dell’elevata quota di mercato e livello di concentrazione raggiunta, accompagnati da una distanza significativa dal secondo operatore di ciascuna area e in considerazione della capacità ‘disciplinante’ di Ubi nei confronti delle maggiori banche“. L’Antitrust ritiene inoltre che “non possa essere preso in considerazione, quale intervento volto a risolvere le criticità concorrenziali dell’operazione in specifici mercati e aree territoriali, il contenuto dell’accordo sottoscritto” da Intesa e Bper, che prevede appunto la cessione a quest’ultima di un pacchetto di 400-500 filiali.

Ciò, scrive l’Antitrust, per tre ragioni: innanzitutto per la “sostanziale indeterminatezza del perimetro del ramo di azienda di Ubi, oggetto di cessione in favore di Bper”. In secondo luogo per le “incertezze in merito all’effettiva attuazione di tale accordo” qualora Intesa detenga a valle dell’offerta pubblica di scambio “il mero controllo al 50% più 1 azione del capitale sociale di Ubi”. Infine, per la “sostanziale inefficacia di tale accordo rispetto alle criticità in altre aree del territorio italiano, diverse dalle province del nord-ovest, su cui parimenti le quote post merger” di Intesa e Ubi “risultano di indubbia rilevanza, con specifico riferimento ad alcune CA (catchment area, mercati locali circoscritti ai bacini d’utenza, ndr) della regione Calabria e della regione Marche, nonché dell’Abruzzo”.

Le argomentazioni di Intesa e Ubi – L’offerta pubblica di scambio di Intesa su Ubi è “connotata da profili pro-competitivi, in quanto, distanziando il posizionamento di Intesa da quello di Unicredit” può “limitare il rischio di collusione tacita e di effetti di coordinamento, tipici di contesti in cui operano pochi soggetti con analogo posizionamento”. Inoltre permetterebbe di “trasferire una parte sostanziale” delle efficienze create “ai consumatori“. Sono le considerazioni svolte da Intesa all’Antitrust, secondo quanto sintetizzato nelle risultanza istruttorie dell’authority. Per Ubi invece l’offerta non concordata di Intesa “cela la volontà di eliminare un operatore temibile e conferma l’assoluto valore competitivo di Ubi”. L’offerta lanciata a metà febbraio da Intesa non era ostile ma non era stata concordata. Secondo Ubi, l’ops elimina un soggetto capace “di esercitare una significativa pressione concorrenziale” e “l’unico competitor” di medie dimensioni in grado “di creare nel breve/medio periodo un terzo polo alternativo” a Intesa e Unicredit.

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