Gli Stati Uniti superano i 100mila morti per coronavirus, mentre l’America Latina diventa il nuovo centro della pandemia. E a preoccupare sono i numeri del Brasile, il secondo Paese al mondo per numero di contagi dopo gli Usa, dove nelle ultime 24 ore le vittime da Covid-19 sono state 1.086, per un totale di 25.598. I contagi invece hanno superato i 411mila.

Usa – Il superamento della soglia dei 100mila morti è emerso dai calcoli del New York Times, che dedica l’apertura del sito a tutte le vittime in un pezzo dal titolo “L’incalcolabile perdita“. Si tratta del numero assoluto più alto di decessi in un solo Paese per il virus e il numero delle vittime eccede quello dei militari americani morti in tutti i conflitti combattuti dagli Stati Uniti dalla guerra di Corea in poi. La pandemia del coronavirus si appresta a diventare la più letale della storia Usa dopo quella della spagnola nel 1918 in cui persero la vita 675mila americani.

America Latina – Le immagini di questi giorni di centinaia di bare accatastate in attesa di una qualche sepoltura di fortuna nei cimiteri di San Paolo, in Brasile, o di Guayaquil, in Ecuador, sono state premonitrici. Da tempo ipotizzato, infatti, il picco della pandemia da coronavirus ha ufficialmente investito secondo l’Organizzazione panamericana della salute (Ops) l’America latina, dove le più recenti statistiche indicano che i contagiati dal Covid-19 sono ormai più di 800mila, ed i morti oltre 43.300.

Se nel complesso l’emergenza sanitaria riguarda le due Americhe, la direttrice dell’Oms, Carissa Hetienne, ha chiarito che “la preoccupazione è grande per l’America latina”, perché “essa ha superato ormai nel computo giornaliero dei contagi da Covid-19 l’Europa e gli stessi Stati Uniti“. Oltre alla dinamicità della trasmissione del virus in Messico, quarto Paese latinoamericano per contagi (74.560) e secondo per decessi (8.134), Hetienne ha sottolineato che “in America meridionale siamo particolarmente preoccupati per i casi confermati la scorsa settimana in Brasile, che sono stati i più alti al mondo, sulla base di un periodo di sette giorni, da quando l’epidemia si è manifestata”. E la responsabile dominicana non si è fermata qui, aggiungendo che “sia Cile, sia Perù stanno rilevando un’alta incidenza di casi di coronavirus, un segnale che il contagio si sta accelerando anche in questi due Paesi”.

A preoccupare l’Oms e i governi del subcontinente c’è il fatto che le strutture sanitarie esistenti non sono state pensate per pandemie come l’attuale per cui, già prima dell’arrivo del picco, molti ospedali e centri medici sono giunti al punto di collasso, soprattutto per rianimazione e respirazione assistita.

Per questo, pensando a Paesi con politiche di contrasto della pandemia non del tutto ortodosse (ad esempio Brasile e Nicaragua), Hetienne ha sottolineato che “per molte Nazioni delle Americhe non è questo il momento di flessibilizzare le restrizioni o di ridimensionare le strategie preventive”.

Certo, che dopo oltre 70 giorni di quarantene e isolamento sociale che hanno bloccato le popolazioni in casa e paralizzato l’economia formale e informale, il malessere sta serpeggiando sempre più chiaramente, come dimostrano gli incidenti fra manifestanti e forze dell’ordine, avvenuti nelle ultime ore in Cile ed Ecuador.

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