Nino Di Matteo sarà ascoltato dalla commissione parlamentare Antimafia sul caso della mancata nomina al Dipartimento amministrazione penitenziaria nel giugno del 2018. Lo ha deciso il consiglio di presidenza di Palazzo San Macuto. Non c’è ancora una data ufficiale ma l’ex pm di Palermo – attualmente consigliere togato del Consiglio superiore della magistratura – potrebbe essere sentito giovedì 3 giugno alle ore 14. La commissione presieduta da Nicola Morra ascolterà anche l’ex capo del Dap Francesco Basentini, nominato nel 2018 al posto dello stesso Di Matteo e che è stato nel frattempo sostituito da Dino Petralia. Basentini verrà sentito sulle caso delle scarcerazioni di boss mafiosi durante l’emergenza coronavirus.

Bonafede va risentito – Ancora da decidere, invece, la nuova audizione di Alfonso Bonafede. Il ministro della giustizia è stato sentito dall’organo parlamentare il 21 maggio scorso, ma si è limitato ad ascoltare per circa un’ora le domande dei commissari. La seduta, infatti, è stata poi rinviata a data da destinarsi visto che Bonafede era atteso in Consiglio dei ministri. Il guardasigilli ha fatto in tempo a rispondere alla domanda del leghista Gianluca Cantalamessa che ha evocato pressioni di Giorgio Napolitano per l’ormai nota nomina di Basentini al Dap nel giugno del 2018. “Escludo qualsiasi tipo di pressione, immaginiamo quella dell’ex presidente Napolitano“, ha risposto il ministro. Fino ad oggi Bonafede ha sempre negato pressioni esterne quando nominò il capo delle carceri dopo aver giurato da guardasigilli. Basentini, come è noto, si è dimesso poche settimane fa dopo essere stato travolto dal caos delle rivolte nei penitenziari e dallo scandalo dei boss mafiosi scarcerati durante l’epidemia. Il caso Dap è costato al guardasigilli due mozione di sfiducia, una del centrodestra e una di Emma Bonino, entrambe respinte dal Senato la scorsa settimana.

Il caso Dap: “Bonafede mi propose di dirigere il Dap. Poi ci ripensò” – Tra due giorni, quindi, tocchera a Di Matteo rispondere alle domande dei commissari sull’ormai noto caso scoppiato la notte tra il 3 e 4 maggio in diretta televisiva. Intorno a mezzanotte, infatti, l’ex pm di Palermo aveva chiamato in diretta a Non è l’Arena, la trasmissione di La7 che si stava occupando del caso carceri. Durante la puntata venne evocata una trattativa tra il ministro Bonafede e lo stesso Di Matteo per dirigere il Dap nel 2018. “Io non ho mai fatto trattative con nessun politico né ho chiesto nulla ad alcun politico. Le cose sono andate diversamente”, aveva detto il pm. Quindi aveva raccontato che nel 2018 era stato “raggiunto da una telefonata del ministro che mi chiese se ero disponibile ad accettare l’incarico di capo del Dap o in alternativa quello di direttore generale degli Affari penali, il posto che fu di Falcone”. “Io – aveva continuato – chiesi 48 ore di tempo per dare una risposta. Nel frattempo alcune informazioni che il Gom della polizia penitenziaria aveva trasmesso alla procura antimafia e anche al Dap avevano descritto la reazione di importantissmi capimafia. Dicevano: se nominano Di Matteo per noi è la fine”. Di Matteo racconta quindi che andò “a trovare il ministro dicendo che avevo deciso di accettare l’incarico al Dap, ma improvvisamente mi disse che ci aveva ripensato e nel frattempo avevano deciso di nominare il dottor Basentini. Mi chiese di accettare il posto di direttore generale del ministero, ma il giorno dopo gli dissi di non contare su di me”. Il magistrato siciliano puntualizza: “Ci aveva ripensato o forse qualcuno lo aveva indotto a ripensarci”. Bonafede aveva controreplicato sempre in diretta dicendosi “esterrefatto” per la ricostruzione di Di Matteo. Nei giorni seguenti è più volte intervenuto anche in Parlamento negando sempre qualsiasi tipo di pressione nelle scelte compiute nel giugno del 2018. L’idea di proporre a Di Matteo anche il vertice del Dap e poi soltanto un posto da direttore generale degli Affari Penali, ha sempre detto il guardasigilli, è da legarsi solo a una sua personale valutazione. “Prima una proposta, poi un’altra. Da allora mi sono sempre chiesto cos’era accaduto nel frattempo. Se, e da dove, fosse giunta un’indicazione negativa, magari uno stop degli alleati o da altri, questo io non posso saperlo”, ha dichiarato invece Di Matteo nei giorni successivi allo scontro in diretta televisiva.

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