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Coronavirus, uno dei ristoratori multati per la protesta all’Arco della Pace a Milano: “Ci servono aiuti. Sciopero della fame e dormo qui”

Paolo Polli ha partecipato insieme ad una cinquantina di titolari di bar, pub e ristoranti alla manifestazione dello scorso 6 maggio. Da quel giorno ha deciso di continuare la sua protesta in attesa di istruzioni più chiare sulla riapertura. E ora chiede "una riduzione di tasse e accise, almeno per un annetto" oltre a "qualcosa a fondo perduto per comprare sedie, tavoli, pedane per allestire un dehors"
Coronavirus, uno dei ristoratori multati per la protesta all’Arco della Pace a Milano: “Ci servono aiuti. Sciopero della fame e dormo qui”
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Non mangia da quasi una settimana e da tre notti dorme sotto il monumento ‘della movida’ con un sacco a pelo che “non avevo mai aperto prima in vita mia”. Paolo Polli è uno dei ristoratori milanesi multati per 400 euro per aver manifestato lo scorso 6 maggio all’Arco della Pace di Milano. Da quel giorno, il proprietario del ristorante pizzeria Ambaradanffd ha deciso di continuare a protestare, facendosi portavoce di tutti gli altri titolari di pub, bar, ristoranti. “Fino all’approvazione del decreto io sto qui, a oltranza”, ha detto.

Mercoledì scorso circa una cinquantina di titolari milanesi hanno riempito la piazza all’Arco della Pace di sedie che “rimarranno vuote – come quelle dei locali – visti i rischi che stiamo correndo”. La richiesta era quella di avere certezze su come riaprire in sicurezza i propri locali e sul sostegno economico. Per aver creato un assembramento, però, sono stati tutti multati dalla Polizia. “Il Comune e la Polizia locale non c’entrano nulla – ha chiarito il sindaco Beppe Sala. L’assessore all’Urbanistica del Comune di Milano, Pierfrancesco Maran, che inizialmente aveva detto che “se uno decide di fare un assembramento ha fatto una scelta e ne paga le conseguenze”, si è scusato e ha auspicato che le multe venissero tolte.

Sono tanti, ha raccontato Polli, quelli che si fermano a scambiare qualche chiacchiera con lui. “Mi esprimono solidarietà anche i carabinieri e i poliziotti, le persone mi portano acqua, succhi di frutta, va bene manifestare ma non posso mica morire. Per ora sto bene e voglio portare avanti questa cosa”. Sono arrivati anche tanti politici, ma il ristoratore non vuole fare nomi. “Sono un imprenditore non mi interessano i cappelli politici”. Sulle multe ancora nessuna risposta ufficiale, ma il ristoratore è convinto che, anche dopo il confronto avuto con il questore di Milano, “il buonsenso le farà togliere“.

Ieri a Dissapore ha spiegato che chiede di “poter riaprire in dignità” e per farlo “l’unica soluzione sarebbe portare le spese allo stesso livello delle previsioni di incasso, con una riduzione di tasse e accise, almeno per un annetto. E ovviamente ottenere la cassa integrazione per i ragazzi che non potranno lavorare. Se non danno la cassa integrazione, perlomeno che ci tolgano le tasse sui dipendenti. E che ci diano qualcosa a fondo perduto per comprare sedie, tavoli, pedane: il necessario per allestire un dehors”.

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