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di Lorenzo Giannotti

Eravamo tutti pronti a rimettere il becco fuori di casa. A riaprire tutto, a riprenderci le nostre vite così come le avevamo lasciate, più o meno. Arrivati a un punto in cui le pareti della nostra casa somigliano più alle sbarre di una prigione. Anche chi, economicamente, non è stato intaccato da questa terribile emergenza, non è più in grado di sostenere la reclusione forzata per sconfiggere un qualcosa che neanche si vede, figuriamoci chi è stato costretto ad abbassare le serrande. O alle famiglie devastate da una crisi economica che già morde come un cane rabbioso.

Gli italiani sono stati – incredibilmente- ligi al dovere, e nella maggior parte delle Regioni la situazione si è calmierata, facendo presagire ad una fine del famoso “lockdown”, o almeno a un suo smussamento importante. Non è stato così. Non è accaduto ciò che molti avrebbero voluto.

Non sono state rispettate le aspettative (giustificate o meno dai numeri del contagio non sta a me dirlo) di gran parte del paese per la tanto attesa fase 2. C’è stato solo un allentamento delle severissime misure da parte del governo. E allora tutti giù dal pero, delusi, frustrati e arrabbiati, quasi come se il dittatore 2.0 dell’Italia repubblicana traesse piacere e godimento nel tenerci tutti stipati in casa come delle acciughe.

E per la prima volta dall’inizio dell’emergenza il presidente Giuseppe Conte sembra perdere quella fiducia che gli italiani gli avevano accordato massicciamente (primo fra i leader nei sondaggi, con un discreto distacco), stringendosi attorno alle istituzioni in un momento di difficoltà estrema. Cioè, per farla breve, prende una decisione che sarebbe stato facile pronosticare impopolare.

Si può essere d’accordo o meno con le misure adottate da questo governo, si può criticare anche aspramente questa maggioranza, ma non è questo il punto. L’unica cosa che non si può fare è dire che il Presidente Conte e questo governo non abbiano preso delle decisioni politiche: questo non è intellettualmente onesto. Non si può dire che manchi la politica, anche se ora è un mantra che va tanto di moda in quegli ambienti che odorano di muffa, tanto per buttare là una critica un tanto al chilo.

Decidere di ascoltare il parere, e magari tramutarlo in fatti, del Comitato tecnico-scientifico, è a tutti gli effetti una decisione politica, come lo è prenderlo in considerazione in parte o per niente. Una decisione politica che è stata presa con coraggio, in un momento in cui il sentimento popolare avrebbe portato verso altre scelte.

Giuseppe Conte non ha “deciso di non decidere”, come sostengono alcuni, ha soltanto optato per la scelta più difficile, che tanti di noi avrebbero voluto che non prendesse. Giuseppe Conte se ne è fregato del sempre caro consenso, e ha preso una decisione politica di un’importanza incalcolabile, sia dal punto di vista sanitario che da quello economico.

Ora tornate pure a criticare sulle misure di sostegno alle famiglie, all’economia, sui tempi del nostro isolamento, sulle nuove norme poco chiare e balbettanti, o sulle conferenze stampa, come giusto e normale che sia. Ma non potete dire che questo presidente si sia trincerato pavidamente dietro a un esercito di tecnici. No, questo non si può.

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