“E’ un incubo! Ho la sensazione di stare incubando la malattia che da un momento all’altro esploderà. Qualcosa di brutto incombe su di noi.” Queste frasi vengono spesso pronunciate e riportano all’etimologia della parola “cubare” che significa, tra le altre cose, dormire. Per questo motivo il sintomo più ricorrente e fastidioso che affligge milioni di persone in questo momento di tensione e incapacità a lasciarsi andare è l’insonnia.

Vorrei provare ad aiutare gli insonni, soprattutto dopo il 13 marzo, definita la giornata mondiale del sonno. Naturalmente questi consigli non possono sopperire a una valutazione complessiva medica, ma provano ad offrire un aiuto.

Per iniziare l’esercizio di rilassamento e visualizzazione occorre uno spazio, un tempo e una situazione idonea. Lo spazio dovrebbe essere una stanza con un letto o un divano dove stiamo solo noi, senza rumori, televisioni accese o luci troppo intense. Il tempo a nostra disposizione deve essere di venti minuti, ma l’ideale è che sia anche più lungo. Insomma, non ci deve essere niente che incomba, come qualcosa che devo fare dopo. La situazione deve essere di tranquillità: nessuno entra e ci pressa.

A questo punto sdraiamoci e stendiamo le mani a lato del corpo. Le gambe affiancate, stese, non accavallate. Chiudiamo gli occhi e proviamo a lasciare andare i muscoli volontari. Cominciamo per 5 minuti, prima ponendo attenzione ai muscoli delle mani, poi a quelli delle gambe, della schiena, del collo fino al volto che troppo spesso è teso. Non è importante che ci riusciamo, ma che ci proviamo. Proviamo a respirare profondamente trattenendo a lungo.

A questo punto, quando abbiamo la sensazione di essere un poco rilassati, affrontiamo mentalmente questa paura che incombe su di noi e pensiamo al virus. Il coronavirus non è intelligente, non è dotato di un sistema nervoso, della capacità di ragionare e prendere decisioni. Noi sì.

Immaginiamo di paragonarlo al fuoco o all’acqua che, se non controllati, sono elementi naturali terribilmente distruttivi. Se il fuoco si accende nella foresta può spazzarla via, se però è controllato dentro alla stufa ci scalda. Il virus è un agglomerato di molecole che casualmente, secondo i principi dell’evoluzione naturale, portano un messaggio alle nostre cellule. Nel corso dell’evoluzione dell’uomo i virus ci hanno aiutato a modificare parte del nostro Dna e adattarci.
Sdraiati sul divano o sul letto pensiamo che dobbiamo e possiamo controllare il virus.

Sappiamo che ha solo due possibilità di trasporto: la prima, aggrappato a invisibili goccioline, emesse durante la respirazione. Queste, però, non riescono ad andare oltre a un metro dalla persona che le emette. La seconda via di contagio è quella di attaccarsi alle nostre mani dopo essere depositato sugli oggetti: attraverso di esse il virus è trasportato alle mucose della bocca, al naso e alla congiuntiva degli occhi.

Ma noi possiamo imparare a parlare con gli amici, le persone care i conoscenti a una distanza di oltre un metro. Si parla benissimo a due/tre metri di distanza. Cerchiamo di visualizzare questa opportunità che ci rende meno soli.

Le mani possono imparare a sospendere gli automatici movimenti intorno alla bocca, al naso e agli occhi. Stropicciare gli occhi, fregarsi il naso, inumidire il dito per leggere un libro, grattarsi sulle labbra, ecc. sono movimenti automatici che facciamo senza pensarci, come quando guidiamo l’automobile. Ci sediamo al volante, ascoltando la radio, parlando al telefono col vivavoce oppure pensando e, automaticamente, compiamo una serie di gesti, come cambiare le marce, spingere il freno o la frizione. Nessuno di noi pensa di spingere un pedale ma lo fa automaticamente. Se ci mettiamo alla guida di un’auto col cambio automatico per un po’ saremo in difficoltà, in quanto dovremo perdere vecchi automatismi per acquisirne di nuovi. In poco tempo, però, ci riusciremo.

Allo stesso modo ora possiamo imparare a smettere gli automatismi, come portare le mani al volto, per imparare nuovi gesti automatici con il fine di tenerle lontane. Possiamo immaginare noi stessi con le mani lontane dal volto. Unica eccezione prima di mangiare, per cui dovendo portare le mani alla bocca ce le laveremo accuratamente per almeno un minuto.

Sempre rilassati sul divano o sul letto, ripetiamo più volte a noi stessi che abbiamo la possibilità di apprendere in modo automatico questi accorgimenti: non è difficile, né impossibile! Così come acquisiamo l’abilità di usare un’auto con automatismi, possiamo imparare a tenere le mani lontano dal volto in poco tempo. Ora l’incubo non incombe più su di noi.

Dopo aver fatto questo ragionamento mentale più volte, possiamo respirare, distenderci e non pensarci più. A questo punto cercheremo di rimanere alcuni minuti concentrati sui nostri muscoli, lasciandoli andare, evitando di contrarli.
Forse all’inizio non riusciremo a rilassarci, forse non riusciremo a evitare di grattarci il naso, non tutte le volte ce la faremo. Ma possiamo provarci.

Se ci esercitiamo tre volte al giorno per venti minuti, nell’arco di una settimana avremo acquisito un certo senso di autocontrollo e la percezione di avere domato questa minaccia che incombe su tutti noi. In quel momento sarà più facile lasciarci andare e dormire, coltivando dentro di noi dei sogni.

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